L'espressione di Molly non era affatto lieta. Cole la stava trascinando in vicoli decisamente mal frequentati, lui e il suo vizio di cercare sempre il brivido, la sfida. Lei aveva da poco compiuto sedici anni. Si faceva incastrare facile, in quei casini.
- Swift, non sono tranquilla.
- Ti ho detto di fidarti, sai che non ti ficcherei mai in un guaio dal quale non possiamo tirarci fuori.
- Sì, come quella volta sul treno, o quella dai Ming, o quella degli scorpioni o..
- Okay, okay, hai reso l'idea.
Cole fermò il passo, si volse piazzandosi davanti a lei. La superava di una spanna, già, ed era destinato a guadagnare ancora una manciata di centimetri. Cercò i suoi occhi verdi con i propri, azzurri, il sorriso sfacciato, da schiaffi, la mano stretta alla sua, le dita intrecciate saldamente. Attorno sciamavano facce poco raccomandabili, che li guardavano, spiavano, ridendo di sottile ed inquietante malvagità. Lui le raccolse il viso con la mano, le sorrise in quel modo che le faceva colorare le guance di rosso e infiammare il viso. Si inumidì istintivamente le labbra mentre lui le scostava le ciocche castane da davanti gli occhi, relegandole dietro l'orecchio. Le posò un bacio sullo zigomo scaldato dall'imbarazzo:
- Vieni, andiamo, non stiamo qui che diamo nell'occhio.
- Ma...
- Winger, dai, prometto che ci fermeremo solo il tempo di una scommessa, solo una...
- Scommettere è peccato.
- Anche quello che abbiamo fatto ieri nel fienile.
- ...
Lei era imbarazzatissima, si fece piccola contro di lui mentre Cole prendeva a camminare con calma verso la sua meta: una bisca clandestina. Le scommesse fioccavano da ogni parte, c'erano molti tipi di scontri, si poteva scommettere pressochè su qualsiasi cosa, ma quello che li aveva portati lì era l'evento del giorno: combattimento tra cani.
Con il braccio teso si fece trascinare di malavoglia, sempre più rapidamente, per quanto fosse vestita come un ragazzo, non passavano di certo inosservati i lineamenti femminili, seppur spigolosi, il taglio felino dello sguardo, le curve docili in fioritura. Scesero una scaletta angusta diroccata tra le abitazioni, Cole l'afferrò per la vita e lei trasalì, irrigidendosi. Era tesa, aveva una strana sensazione, un nodo d'ansia che le stringeva la gola. Si appoggiò contro il petto del pilota, deglutendo a vuoto un paio di volte prima di staccarsi dalla parete e fare un passo in una bolgia, un girone infernale. Lui le era accanto, ma per una manciata di minuti le mancò il fiato. La stanza era interrata, la luce piombava dall'alto attraverso delle grate poste sul soffitto che facevano cadere anche la pioggia e la polvere dalla strada di superficie. La terra battuta disegnava un cerchio con la calce, le catene serravano bestie enormi, rabbiose e grondanti bava e sete di sangue. Picchiati, colmi di cicatrici. Era una scena orrenda e lei non capiva come ci fosse finita lì. Poi vide lui, in punta di piedi, con gli occhi rapaci a caccia. L'uomo che cercava era un piccolo cinese, giovane, come lo sono tutti, con la pelle tesa, la testa rasata se non per una sciocca treccina che partiva dalla nuca. Aveva la spalla e mezzo busto completamente tatuati, come parte del collo e le dita, una cicatrice gli tagliava la faccia da tempia a sotto il mento, verticalmente, i denti era un miracolo se, in un conto totale, arrivavano alla dozzina. Mani svelte, occhi liquidi, neri, animati da una luce irrequieta, al limite del paranoico.
- Cole, non mi piace.
- Stai serena, Winger, faccio una puntata e torniamo, dai, una sola.
- Ma perchè è così importante? Sono solo scommesse.
- Non è mai solo una scommessa, ricordatelo.
Era maledettamente serio e lei arretrò di un passo, sbattendo contro la parete viscida e sporca. Rimase immobile, lì, con gli occhi dilatati, praticamente ignorata da tutto, inglobata da un caos senza eguali. Cole le raccomandò con lo sguardo di non muoversi e si avvicinò al cinese. Gesticolarono, discuterono e alla fine il ragazzo piazzò nelle mani dell'allibratore la somma di denaro da puntare sul prossimo combattimento. Era un rotolo di banconote sgualcite, sudate con i lavori onesti, e sporcate dalle scommesse stupide che puntualmente faceva e vinceva. Seguì la scena da lontano, al rallentatore mentre la gente attorno urlava sventolando mazzette di soldi più o meno puliti. Nell'arena fecero trascinare delle gabbie dentro le quali gli animali erano incatenati, pungolati e incattiviti da urla e minacce, percosse e intimidazioni. Si riscoprì a fissare gli occhi su quei poveri cani, attonita ed impaurita. Le loro fauci erano grondanti di bava, negli occhi dimorava la follia, la rabbia instillata goccia dopo goccia da persone crudeli e senza scrupoli. Squittì quando si sentì prendere il polso, volse lo sguardo allucinato sul viso preoccupato di Cole.
- Winger, stai bene?
- No, voglio andare via.
- E' quasi finita, stringi i dent-
Si interruppe bruscamente. Il suono metallico delle gabbie aperte, il latrato feroce degli animali lasciati liberi assieme a quello del pubblico, brutale, inumano. Vide il peggio della razza umana tramutarsi in sangue e guaiti. Strinse gli occhi, voltò la faccia per nascondersi tra le braccia del ragazzo. Non voleva vedere, ma sentiva, ed era ancora peggio. Provò a tapparsi le orecchie, sentì una rabbia violenta stringerle la gola, soffocare il respiro. Tremando, Cole le prese le spalle, per tirarla fuori di lì. Stava male, sentiva il bruciare delle lacrime dietro le palpebre serrate, implorava a bassa voce di uscire, le mancava l'aria ad ogni morso assestato, ogni gemito, ogni fiotto di sangue caldo e l'odore nauseabondo che imprestava l'aria. La trascinò di peso e, quando furono fuori, si sporse oltre il vicolo a prendere la luce del sole, l'aria, la polvere delle strade. Gli rimase aggrappata, mentre lui le teneva gli occhi addosso.
- Winger, you ok?
- I am now.
Le sfiorò la guancia con il dorso delle dita, era rigata di lacrime. La sua espressione si ruppe, dolente, colpevole. Stava per schiudere le labbra, vedeva nei suoi occhi il tentativo vano di trovare parole per giustificare quella situazione, ma era mortificato. La scintilla di passione per il pericolo si era sopita dietro la spinta di una naturale preoccupazione. Le cinse le spalle esili, strette in una camicia maschile troppo larga, se la premette contro il petto, posandole un bacio tra i capelli.
- Scusa, Winger, non succederà più, te lo prometto.
- ...
- Ehi, tu!
Cole si voltò di scatto, Molly sporse lo sguardo arrossato e bruciante oltre la spalla del biondo, indovinando i tratti meschini dell'allibratore... e dei suoi compari.
- Cosa vuoi, Ching?
- Tu hai un debito.
- ...
- Swift, di che parla?
- Niente Winger, non sono cose che ti riguardano. ( ... ) Ascolta ti ho dato i soldi, comunque sia andata la puntata, ti ho dato abbastanza per coprire tutto, anche i debiti.
- L'animale è morto. Tu sai cosa comporta, vero?
- Non posso farci nulla, mica gli ho sparato io.
Molly fece per uscire dal vicolo, trovandosi però una montagna di grasso e muscoli flaccidi, tatuato, che spingeva verso l'interno, costringendo lei e Cole ad arretrare verso l'altro cinese. Il tirapiedi superava entrambi di una buona manciata di centimetri ed occupava pressochè tutto l'imbocco del vicolo, per quanto era largo: un maledetto armadio. Si aggrappò al biondo che a propria volta fu costretto a frapporsi tra il cinese dall'altro lato del vicolo e la ragazza. Quando raggiunsero lo spiazzo polveroso antistante l'accesso della bisca, Cole fu preso di lato, strattonato e tirato in disparte.
- COLE!
- No, aspetta, Molly... lei non c'entra, Ching, lasciala!
- Mollami montagna di lardo!
- Lasciala andare!
- Dahhhh no!
- Pagami, Jackson e alla tua fidanzatina non succederà niente. Ma se non dovessi saldare i tuoi debiti...
Molly si sentì alzare di peso, mentre scalciava e si dibatteva cercando di liberarsi da una presa troppo forte. Era un dannato gigante, quel giallo maledetto, e le strappava il respiro in gemiti soffocati stringendole il torace, comprimendole la cassa toracica impedendo così ai polmoni di espandersi del tutto. Si sentì scaraventare in una fossa, sotto il livello della strada. Battè duramente la schiena, e quando riuscì a puntellarsi la luce che filtrava dalla grata e la polvere sollevata si depositò ovunque. Allungò la mano, trovò qualcosa di freddo, appiccicoso. Il palmo davanti agli occhi era rosso di sangue, volse il viso e trovò il cadavere del cane che aveva perso la sfida, la gola aperta da un morso, completamente cosparso di tagli, cicatrici. Urlò, fino a farsi bruciare la gola.
- Bastardo, lei non c'entra nulla!
- Pagami, Jackson, adesso.
- Non li ho!
- Che peccato.
Sentì il suono del metallo contro il metallo, le grate si sollevarono e vide i denti bianchi sfavillare nella luce riflessa. Ringhi minacciosi le rimbalzarono attorno, erano ovunque, circondata. Cani rabbiosi, feroci, stuzzicati dall'odore del sangue. Si voltò, non c'era via d'uscita a parte la grata sulla sua testa, tenuta chiusa dal peso di quell'uomo gigante che ce l'aveva buttata.
- Dio! COLE!!
- MOLLY, merda, Ching se le fai del male non avrai un dannato peso, lasciala e ti pagherò.
- Pagami e la lascerò.
- COLE FA QUALCOSA!
Uno dei cani scattò, se lo vide balzare addosso ma la catena era troppo corta, si strozzò, uggiolando e dovette rientrare, scalciando e agitandosi per tentare di liberarsi, la bava sparsa ovunque la colpì in faccia, non poteva spostarsi, perchè era esattamente al centro, avvicinarsi a una delle grate aperte significava dare la possibilità ad un'altro cane di aggredirla.
- Va bene, va bene, tirala fuori di lì e andrò subito a prendere i soldi.
- Comincia a correre, Jackson.
- TIRALA FUORI
Il suono di una catena allentata lo fece impallidire, così come lei, un secondo bisonte senza un occhio uscì dalla sua cuccia e per poco non le afferrò una caviglia, si rannicchiò su sè stessa, piangendo lacrime amare, il sangue della bestia stesa accanto ad imbrattarle i vestiti. Sentì la puzza serrarle lo stomaco, le venne la nausea, un fiotto acido che la portò a chinarsi in avanti e rigettare per la paura.
- Corri.
La voce del cinese era inflessibile, bassa, impostata in modo da non lasciar intuire nulla delle sue intenzioni, la perfetta faccia da poker. Cole fu costretto a cominciare a correre. Lei non ricordava nemmeno quanto tempo rimase chiusa lì sotto, a sentirsi male, spaventata a morte e circondata di animali incattiviti che rischiavano di afferrarla ad ogni disattenzione. Si sentì una preda, chiusa in un angolo. Pregò con tutto il suo cuore che Cole volasse come il vento, che trovasse quello che doveva, che venisse a tirarla fuori dai guai.
- Tranquilla, non ti lascerà qui a morire dilaniata dai cani. In fondo è un bravo ragazzo. Un coglione, ma un bravo ragazzo.
- E se non trova i soldi?
- Li troverà.
- E SE NON LI TROVASSE?
- ... Non alzare la voce, si agitano, i cani.
Ching era chinato sulla grata, la guardava dall'alto, le mani tatuate appoggiare sulle cosce sottili, era nervoso, una muscolatura tesa, non forte, ma decisamente agile. Deglutì. Era maledettamente cortese, viscido fino al midollo. Sospirò, ormai dilaniata dai pensieri, tornò a rannicchiarsi fino a che non sentì il motore di una outback, fin troppo familiare per lo scoppio scandito. Si alzò, provò a mettersi in piedi ma non c'era nemmeno spazio per farlo, appoggiò le dita sulla grata, si agganciò, schiacciando la faccia lì mentre i cani giravano attorno, legati alle loro catene.
- Visto?
- Tirami fuori.
- Prima voglio vedere il colore dei suoi soldi, piccola, funziona così. Mai lasciare andare la posta, fino a che non sei saldato.
- ...
- ECCOMI! Liberala!
- Dammi i soldi.
- WINGER, stai bene?
- Vaffanculo Swift!
- I soldi, Jackson...
- Come faccio a sapere che, se te li do, la lascerai andare.
- Perchè altrimenti allenterò le catene.
- ...
- Dagli questi fottuti soldi!
- ...
- Ascolta la ragazza, Jackson, fai la cosa giusta.
Lo sentì esitare. Non lo vedeva, ma percepì sotto pelle quella sensazione inquietante crescere. Un cane provò ad azzannarle la caviglia, afferrando il pantalone che si lacerò in men che non si dica. Fortunatamente aveva gli stivali a protezione, il cuoio robusto era l'unica barriera tra la pelle chiara e quelle zanne feroci.
- Cristo iddio, Cole, aiutami! Ti prego!
Non sentì niente, si aggrappò alla grata cercando di occupare il minor spazio possibile, con l'incalzare degli animali attorno. Di punto in bianco l'appoggio venne a sparire, si sentì tirare su di peso, e depositare a terra. Tremava, era sporca di sangue, del proprio vomito.
- Sei stata coraggiosa, ragazzina.
Ching le stava davanti, abbassato sulle gambe per guardarla meglio. Sorrideva, mentre si intascava i soldi di Cole. Non aveva tanti denti, era viscido, ma lei era viva. Cole le si precipitò addosso, afferrandola sotto le ginocchia e dietro la schiena, per tirarla in piedi e trascinarsela via. Lei aveva gli occhi fissi su Ching, accanto a lui un grosso molosso, seduto, con occhi piccoli, crudeli, molto simili a quelli del padrone. Lui la mise cavalcioni sulla moto, avvolgendola da dietro, mise in moto mentre lei posò le mani sul manubrio, reggendosi come poteva. Fecero circa un paio di chilometri, prima che lui fermasse la moto.
- Piccola...
- Non dire niente, portami a casa.
- Ma...
- No, Cole, portami a casa.
Ce la portò, e lei lì si chiuse, a smaltire lo spavento. Non lo volle vedere per settimane, evitandolo come la peste. Decise di non andare più a studiare al monastero, preferì invece affinare quel poco che aveva appreso stando in compagnia del medico del paese. Un giorno lui si presentò lì. Cole. Il medico fece orecchie da mercante, in fondo, tutto il paese sapeva di loro due, di come si prendevano e lasciavano, di come combinavano guai ma che, in fondo, erano fatti l'uno per l'altra.
- Cosa vuoi?
- Volevo vederti.
- Non farmi quegli occhioni, non attacca.
- Mi dispiace.
- Non basta, Cole. Ti rendi conto in che situazione mi hai messa?
- Io...
- Tu. Tu non pensi mai. Ogni cicatrice, ogni osso rotto, ogni lussazione, ogni dito o polso o caviglia slogata hanno la tua firma, da qualche parte. Ti rendi conto che potevo non uscirne viva? Almeno questo!
- Lo so, Molly. Mi dispiace. Che devo dire ancora?
- Prometti che non mi metterai più in queste situazioni.
- Te lo prometto.
- E non scommettere più con certa gente.
- Ma Molly...
- Cole, non sto scherzando, fino a che avrai a che fare con gente alla stregua di quel Ching, non vorrò mai più avere a che fare con te.
- Cocciuta.
- Idiota.
- ...
- Giuralo.
- Lo giuro.
Non ci andarono più alla bisca, e, per quanto ne sapesse lei, Cole non aveva più fatto quel genere di scommesse e si era tenuto ben alla larga da quel genere di situazioni. Le rimasero però i segni. Passeggiando per la strada, incontrandoli per puro caso, il solo vedere un cane o sentire un latrato le metteva addosso ansia, terrore. Finì per odiarli, non riuscire a ragionare lucidamente davanti ad un cane: cinofobia. Così la definì il dottore quando, scontratasi con un branco di randagi, finì per svenire in preda all'ansia, l'assenza di respiro, il terrore angosciante.
- Si può sapere che diavolo ti hanno fatto questi poveri animali perchè tu reagisca così?
- ...
- Winger, sto parlando con te. Deve essere successo qualcosa, lo dice anche il dottore.
- I...
- You?
- They are wicked creatures... hounds of hell!
- Winger, stai bene?
- No, voglio andare via.
- E' quasi finita, stringi i dent-
Si interruppe bruscamente. Il suono metallico delle gabbie aperte, il latrato feroce degli animali lasciati liberi assieme a quello del pubblico, brutale, inumano. Vide il peggio della razza umana tramutarsi in sangue e guaiti. Strinse gli occhi, voltò la faccia per nascondersi tra le braccia del ragazzo. Non voleva vedere, ma sentiva, ed era ancora peggio. Provò a tapparsi le orecchie, sentì una rabbia violenta stringerle la gola, soffocare il respiro. Tremando, Cole le prese le spalle, per tirarla fuori di lì. Stava male, sentiva il bruciare delle lacrime dietro le palpebre serrate, implorava a bassa voce di uscire, le mancava l'aria ad ogni morso assestato, ogni gemito, ogni fiotto di sangue caldo e l'odore nauseabondo che imprestava l'aria. La trascinò di peso e, quando furono fuori, si sporse oltre il vicolo a prendere la luce del sole, l'aria, la polvere delle strade. Gli rimase aggrappata, mentre lui le teneva gli occhi addosso.
- Winger, you ok?
- I am now.
Le sfiorò la guancia con il dorso delle dita, era rigata di lacrime. La sua espressione si ruppe, dolente, colpevole. Stava per schiudere le labbra, vedeva nei suoi occhi il tentativo vano di trovare parole per giustificare quella situazione, ma era mortificato. La scintilla di passione per il pericolo si era sopita dietro la spinta di una naturale preoccupazione. Le cinse le spalle esili, strette in una camicia maschile troppo larga, se la premette contro il petto, posandole un bacio tra i capelli.
- Scusa, Winger, non succederà più, te lo prometto.
- ...
- Ehi, tu!
Cole si voltò di scatto, Molly sporse lo sguardo arrossato e bruciante oltre la spalla del biondo, indovinando i tratti meschini dell'allibratore... e dei suoi compari.
- Cosa vuoi, Ching?
- Tu hai un debito.
- ...
- Swift, di che parla?
- Niente Winger, non sono cose che ti riguardano. ( ... ) Ascolta ti ho dato i soldi, comunque sia andata la puntata, ti ho dato abbastanza per coprire tutto, anche i debiti.
- L'animale è morto. Tu sai cosa comporta, vero?
- Non posso farci nulla, mica gli ho sparato io.
Molly fece per uscire dal vicolo, trovandosi però una montagna di grasso e muscoli flaccidi, tatuato, che spingeva verso l'interno, costringendo lei e Cole ad arretrare verso l'altro cinese. Il tirapiedi superava entrambi di una buona manciata di centimetri ed occupava pressochè tutto l'imbocco del vicolo, per quanto era largo: un maledetto armadio. Si aggrappò al biondo che a propria volta fu costretto a frapporsi tra il cinese dall'altro lato del vicolo e la ragazza. Quando raggiunsero lo spiazzo polveroso antistante l'accesso della bisca, Cole fu preso di lato, strattonato e tirato in disparte.
- COLE!
- No, aspetta, Molly... lei non c'entra, Ching, lasciala!
- Mollami montagna di lardo!
- Lasciala andare!
- Dahhhh no!
- Pagami, Jackson e alla tua fidanzatina non succederà niente. Ma se non dovessi saldare i tuoi debiti...
Molly si sentì alzare di peso, mentre scalciava e si dibatteva cercando di liberarsi da una presa troppo forte. Era un dannato gigante, quel giallo maledetto, e le strappava il respiro in gemiti soffocati stringendole il torace, comprimendole la cassa toracica impedendo così ai polmoni di espandersi del tutto. Si sentì scaraventare in una fossa, sotto il livello della strada. Battè duramente la schiena, e quando riuscì a puntellarsi la luce che filtrava dalla grata e la polvere sollevata si depositò ovunque. Allungò la mano, trovò qualcosa di freddo, appiccicoso. Il palmo davanti agli occhi era rosso di sangue, volse il viso e trovò il cadavere del cane che aveva perso la sfida, la gola aperta da un morso, completamente cosparso di tagli, cicatrici. Urlò, fino a farsi bruciare la gola.
- Bastardo, lei non c'entra nulla!
- Pagami, Jackson, adesso.
- Non li ho!
- Che peccato.
Sentì il suono del metallo contro il metallo, le grate si sollevarono e vide i denti bianchi sfavillare nella luce riflessa. Ringhi minacciosi le rimbalzarono attorno, erano ovunque, circondata. Cani rabbiosi, feroci, stuzzicati dall'odore del sangue. Si voltò, non c'era via d'uscita a parte la grata sulla sua testa, tenuta chiusa dal peso di quell'uomo gigante che ce l'aveva buttata.
- Dio! COLE!!
- MOLLY, merda, Ching se le fai del male non avrai un dannato peso, lasciala e ti pagherò.
- Pagami e la lascerò.
- COLE FA QUALCOSA!
Uno dei cani scattò, se lo vide balzare addosso ma la catena era troppo corta, si strozzò, uggiolando e dovette rientrare, scalciando e agitandosi per tentare di liberarsi, la bava sparsa ovunque la colpì in faccia, non poteva spostarsi, perchè era esattamente al centro, avvicinarsi a una delle grate aperte significava dare la possibilità ad un'altro cane di aggredirla.
- Va bene, va bene, tirala fuori di lì e andrò subito a prendere i soldi.
- Comincia a correre, Jackson.
- TIRALA FUORI
Il suono di una catena allentata lo fece impallidire, così come lei, un secondo bisonte senza un occhio uscì dalla sua cuccia e per poco non le afferrò una caviglia, si rannicchiò su sè stessa, piangendo lacrime amare, il sangue della bestia stesa accanto ad imbrattarle i vestiti. Sentì la puzza serrarle lo stomaco, le venne la nausea, un fiotto acido che la portò a chinarsi in avanti e rigettare per la paura.
- Corri.
La voce del cinese era inflessibile, bassa, impostata in modo da non lasciar intuire nulla delle sue intenzioni, la perfetta faccia da poker. Cole fu costretto a cominciare a correre. Lei non ricordava nemmeno quanto tempo rimase chiusa lì sotto, a sentirsi male, spaventata a morte e circondata di animali incattiviti che rischiavano di afferrarla ad ogni disattenzione. Si sentì una preda, chiusa in un angolo. Pregò con tutto il suo cuore che Cole volasse come il vento, che trovasse quello che doveva, che venisse a tirarla fuori dai guai.
- Tranquilla, non ti lascerà qui a morire dilaniata dai cani. In fondo è un bravo ragazzo. Un coglione, ma un bravo ragazzo.
- E se non trova i soldi?
- Li troverà.
- E SE NON LI TROVASSE?
- ... Non alzare la voce, si agitano, i cani.
Ching era chinato sulla grata, la guardava dall'alto, le mani tatuate appoggiare sulle cosce sottili, era nervoso, una muscolatura tesa, non forte, ma decisamente agile. Deglutì. Era maledettamente cortese, viscido fino al midollo. Sospirò, ormai dilaniata dai pensieri, tornò a rannicchiarsi fino a che non sentì il motore di una outback, fin troppo familiare per lo scoppio scandito. Si alzò, provò a mettersi in piedi ma non c'era nemmeno spazio per farlo, appoggiò le dita sulla grata, si agganciò, schiacciando la faccia lì mentre i cani giravano attorno, legati alle loro catene.
- Visto?
- Tirami fuori.
- Prima voglio vedere il colore dei suoi soldi, piccola, funziona così. Mai lasciare andare la posta, fino a che non sei saldato.
- ...
- ECCOMI! Liberala!
- Dammi i soldi.
- WINGER, stai bene?
- Vaffanculo Swift!
- I soldi, Jackson...
- Come faccio a sapere che, se te li do, la lascerai andare.
- Perchè altrimenti allenterò le catene.
- ...
- Dagli questi fottuti soldi!
- ...
- Ascolta la ragazza, Jackson, fai la cosa giusta.
Lo sentì esitare. Non lo vedeva, ma percepì sotto pelle quella sensazione inquietante crescere. Un cane provò ad azzannarle la caviglia, afferrando il pantalone che si lacerò in men che non si dica. Fortunatamente aveva gli stivali a protezione, il cuoio robusto era l'unica barriera tra la pelle chiara e quelle zanne feroci.
- Cristo iddio, Cole, aiutami! Ti prego!
Non sentì niente, si aggrappò alla grata cercando di occupare il minor spazio possibile, con l'incalzare degli animali attorno. Di punto in bianco l'appoggio venne a sparire, si sentì tirare su di peso, e depositare a terra. Tremava, era sporca di sangue, del proprio vomito.
- Sei stata coraggiosa, ragazzina.
Ching le stava davanti, abbassato sulle gambe per guardarla meglio. Sorrideva, mentre si intascava i soldi di Cole. Non aveva tanti denti, era viscido, ma lei era viva. Cole le si precipitò addosso, afferrandola sotto le ginocchia e dietro la schiena, per tirarla in piedi e trascinarsela via. Lei aveva gli occhi fissi su Ching, accanto a lui un grosso molosso, seduto, con occhi piccoli, crudeli, molto simili a quelli del padrone. Lui la mise cavalcioni sulla moto, avvolgendola da dietro, mise in moto mentre lei posò le mani sul manubrio, reggendosi come poteva. Fecero circa un paio di chilometri, prima che lui fermasse la moto.
- Piccola...
- Non dire niente, portami a casa.
- Ma...
- No, Cole, portami a casa.
Ce la portò, e lei lì si chiuse, a smaltire lo spavento. Non lo volle vedere per settimane, evitandolo come la peste. Decise di non andare più a studiare al monastero, preferì invece affinare quel poco che aveva appreso stando in compagnia del medico del paese. Un giorno lui si presentò lì. Cole. Il medico fece orecchie da mercante, in fondo, tutto il paese sapeva di loro due, di come si prendevano e lasciavano, di come combinavano guai ma che, in fondo, erano fatti l'uno per l'altra.
- Cosa vuoi?
- Volevo vederti.
- Non farmi quegli occhioni, non attacca.
- Mi dispiace.
- Non basta, Cole. Ti rendi conto in che situazione mi hai messa?
- Io...
- Tu. Tu non pensi mai. Ogni cicatrice, ogni osso rotto, ogni lussazione, ogni dito o polso o caviglia slogata hanno la tua firma, da qualche parte. Ti rendi conto che potevo non uscirne viva? Almeno questo!
- Lo so, Molly. Mi dispiace. Che devo dire ancora?
- Prometti che non mi metterai più in queste situazioni.
- Te lo prometto.
- E non scommettere più con certa gente.
- Ma Molly...
- Cole, non sto scherzando, fino a che avrai a che fare con gente alla stregua di quel Ching, non vorrò mai più avere a che fare con te.
- Cocciuta.
- Idiota.
- ...
- Giuralo.
- Lo giuro.
***
Non ci andarono più alla bisca, e, per quanto ne sapesse lei, Cole non aveva più fatto quel genere di scommesse e si era tenuto ben alla larga da quel genere di situazioni. Le rimasero però i segni. Passeggiando per la strada, incontrandoli per puro caso, il solo vedere un cane o sentire un latrato le metteva addosso ansia, terrore. Finì per odiarli, non riuscire a ragionare lucidamente davanti ad un cane: cinofobia. Così la definì il dottore quando, scontratasi con un branco di randagi, finì per svenire in preda all'ansia, l'assenza di respiro, il terrore angosciante.
- Si può sapere che diavolo ti hanno fatto questi poveri animali perchè tu reagisca così?
- ...
- Winger, sto parlando con te. Deve essere successo qualcosa, lo dice anche il dottore.
- I...
- You?
- They are wicked creatures... hounds of hell!