Il freddo era penetrato sin dentro le ossa. Blackrock non era accogliente, non aveva nulla di piacevole e, da qualche ora, aveva anche assunto un aspetto spettrale, inquietante. Sul petto le gravava un peso indistinguibile, tra i mille pensieri che cercava di soffocare, ingollando sorsate generose di bourbon. Rise, ma era un suono metallico, graffiato, come le unghie contro una superficie liscia, come acciaio contro acciaio. Non c'era niente di divertente e lo sapeva bene. Nonostante avesse salutato Vergil da almeno un ora, ancora non era rientrata. A piccoli sorsi stava uccidendo quella bottiglia che invece il Capitano, assalito dai suoi personali fantasmi, si era smezzato, solo su quella rampa a guardare il buio. Cercò a lungo, con gli occhi puntati al cielo, una costellazione a forma di fulmine. Non erano i suoi cieli, erano quelli di un Vergil diverso da come lo conosceva.
Sapeva di aver sbagliato. Non avrebbe dovuto. Insistere a quella maniera su di una sciocca promessa che nessuno voleva mai fare. Una promessa che l'inseguiva, in passato come ora. C'era qualcosa di strano, maledettamente strano. Aveva sperato tutta la sua vita di ottenere quella promessa: prima dallo zio, dall'amore quello acerbo della gioventù sfrenata, dal padre. Promesse disattese, mai fatte, mai espresse. Lui invece glielo aveva promesso, ma era piatto. Ripetuto per dovere, in una forma di dolore che percepiva sotto pelle come il formicolio lasciato da una scarica elettrica. I ruoli invertiti. Lui mettere spalle al muro lei. Accettare passivamente la possibilità che avrebbe potuto finire a Fargate, per proteggere loro, tutti loro.
"Non lascio indietro nessuno, mai" ma lui non voleva saperne. Aveva usato la carta dell'affetto, il legame indissolubile con quel diavoli sputati dal buio: il fratello, la sorella, il dottore. Dovevano uscirne puliti, tutti.
- No! Col cazzo. Non ho intenzione di stare a guardare mentre ti sbattono in galera, te lo puoi anche scordare!
- Anya sta rischiando grosso e quel tipo non la molla, e non mollerà... J.D. e quell'altro non hanno neanche i documenti in regola..e Ritter.. Ritter ha già un paio di condanne ed è stato interrogato su una 'semplice' visita. e..tu. Che vuoi fare..? Fargate. Ci sono accuse di terrorismo Molly! Se le cose si mettono male, nessuno di voi deve essere collegato. Il modo migliore è questo. Fidati. Poi si calmeranno finalmente le acque.
- No. Al diavolo Fargate. Si fottano i marines. Non ho paura! Deve esserci un altro modo! Perchè vuoi per forza lasciarmi, mh? Io non lascio indietro nessuno. No. No. E no...! Non è giusto! No.
- Non è giusto. Hey. Hey! Hey.. Non mi sto costituendo. Dobbiamo solo cercare una via di fuga, tutto qua. Riesci a farlo per i tuoi fratelli, per Ritter..
- Promettimi che tornerai. Whatever happens dovesse la marina separarci prometti che tornerai. Giura!
- As you wish..
- Say it. Swear.
Poi il passo falso. La confusione, dopo la rabbia e le confessioni, la paura sfogata con le urla. Un bacio. Uno di troppo, ma mai abbastanza. Sapeva, nel momento stesso in cui lui cercò lei, che era colpa sua. Aveva sbagliato. Trascritto il passato, forzato la mano per cercare di cambiare quello che è stato, come una stupida. Non si può cambiare quello che ormai è definito. E lui non si meritava quel dolore che gli ha letto negli occhi. Non poteva nemmeno incolpare l'alcol per quello che era successo, poteva solo incolpare sè stessa, il proprio egoismo. Lo aveva messo spalle al muro e quando lui si è trovato costretto a reagire, lei ha ceduto, in uno schianto. Lui che la stava solo proteggendo, lui che la stava raccogliendo, un pezzettino alla volta, ricucendola in un abbraccio solido, implacabile. Era stata una stupida e lui ne aveva subito le conseguenze, ancora una volta. Il rammarico che gli leggeva addosso, cucito da quelle scuse che non dovevano venire da lui, ma da lei. Strinse le dita attorno alla tuta, tirandosi contro il trench del Capitano. L'ultimo sorso di bourbon, non una stella in cielo. Gli occhi chiari arrossati, cerchiati dall'assenza di sonno. Il tempo congelato nella testa, dove continuò per altri interminabili minuti a rivivere tutto, rendendosi conto di quanto crudele sia stata, di quanto sciocca ed insensibile. Eppure, il calore di quel bacio riusciva ancora ad infiammarle le guance. Poteva qualcosa di così sbagliato risultare allo stesso tempo così piacevole? Lo aveva respinto e lui l'aveva accantonata, costretto, da lei, dai suoi modi, la sua sentimentale arroganza. Si odiava, una volta di più.
- Winger?
- Cooter.
- Mh. Entra e chiudi, fa freddo.
- Mh.
- Cos'hai?
- Fantasmi.
- Seppellisci i morti, ragazza, non possono tornare. Let them rest in peace.
- Stars aren't shining.
- Lo fanno sempre, anche se non le vedi. Vieni Winger, è tempo che tu dorma.
- Mh.
- ...
- Trig...
- Winger?
- Scusa.
- ... smettila, alza il culo e muoviti.
- Ma...
- Molly, ascolta. Tutti sbagliamo, siamo umani, siamo sbagliati di natura. Però dagli sbagli si deve imparare. Tu sei giovane. Lasciati il tempo di vivere, di sbagliare e migliorare. La vita è breve, piccola, non aggrapparti a ciò che è morto. Live and let live.
Lui sapeva come si sentiva. Lo seppe dal primo momento che incontrarono gli sguardi. Il dolore non sarebbe mai sparito, forse affievolito, ma mai cancellato. Le cicatrici dell'anima non si vedono, ma ci sono e ci saranno sempre. Scosse la testa, si fece aiutare, scolando l'ultimo goccio di bourbon. Appoggiò il palmo sul pulsante, il portellone della rampa richiamato. Era tempo di chiudere, di tornare in cabina, forse di dormire.
Una cosa la sapeva, per certa. Avrebbe dovuto parlargli. Lo avrebbe fatto, appena possibile, perchè la preoccupazione non era uno spettro passato, un refuso antico. Era palpabile, pulsante e le stringeva il petto e il cuore. Non era falso quel palpitare, era complicato, era difficile ma non del tutto sbagliato.
Whatever happens, don't let go of my hand...