Pensava che, una volta decollati, abbandonata l'atmosfera di Greenfield per lo spazio aperto con rotta sullo Skyplex sarebbe riuscita a dormire, ma si era illusa. Nella sua cabina aveva provato a chiudere gli occhi, fare respiri profondi, rigirarsi mille volte in mille posizioni diverse, provando a scavarsi una fosse nei sogni, ma così non fu. Era andato tutto storto. Il mattino era riuscita a trovare segni nell'incontro con quello che ormai aveva definito l'Hijo de la Muerte. Cristobal era di Maracay, di Fidelidad. Tatuato dalla testa ai piedi, uno zombie boy, un morto che camminava. L'incontro con Ilias, il medico di Corona. Corona, come Ritter. Ritter, che non era più confinato nel pit, non più. Lui, Sterling, Geibì e Cecilia erano finalmente liberi di uscire. Era andato tutto bene, le gabbie aperte, ali spiegate eppure c'era qualcosa che non quadrava. Aveva pensato che fosse stato per Red, che in fondo, ancora non si perdonava l'averlo assecondato e spedito di nuovo in galera, la colpa se la sentiva appiccicata addosso. Aveva pensato fosse il timore che quel dottorino Corer non sapesse farsi i fatti propri, andasse curiosando troppo in giro. Aveva pensato fosse a causa di Anya, del fatto che era rimasta lì, scegliendo di andare con Chaplim quando invece poteva partire definitivamente con loro. In parte era anche quello. L'idea che alla sorella potesse essere scoppiato tutto in viso, travolgendola, le metteva ansia, ma non sentiva di poterle scrivere. Non aveva appigli e per la prima volta aveva anche temuto di dover mentire al fratello. Per evitare una cosa simile, finì per chiudersi nella propria cabina, in silenzio. Dopo l'ultimo messaggio di Trigger, che confermava di aspettarli a Hall Point, spense il c-pad. Lo ripose sotto il cuscino, rimanendo a fissare il soffitto di metallo. Il respiro regolare, le dita intrecciate sotto il diaframma. Sbatteva le palpebre, ripetutamente, cercando di mettere a fuoco ogni cosa, il susseguirsi disordinato degli eventi. Ha arrotolato l'holofilm dell'ultimo mese avanti e indietro per ore, senza aver voglia di uscire, senza riuscire a mangiare, nemmeno una sigaretta. Erano tutti liberi, però un tarlo nella testa batteva e batteva.
"Se devi scopartelo" Che diamine significava?
"Lontano da me." Perchè?
Anya era riuscita a parlarci, con il Capitano. Lei, è vero, lo aveva evitato. Aveva paura. Non tanto che la sbattesse fuori dall'equipaggio, anche quella era una possibilità, ma quello che temeva più di qualsiasi altra cosa era leggere la delusione nei suoi occhi. Quello no, non lo avrebbe sopportato.
"Se devi scopartelo" Come diavolo gli veniva in mente una cosa simile? Scrollò il capo, non riusciva proprio a dare un senso a quella situazione, alla strana sensazione che le stringeva il petto, la gola. Affondò il viso nel cuscino, si nascose tra le coperte, finendo per stringere gli occhi e cercare di annegare nel silenzio i propri - troppi - pensieri.
Doveva parlargli, ma non aveva il coraggio.
Doveva guardarlo negli occhi e dirgli che le dispiaceva.
Doveva guardarlo negli occhi e affrontare la verità sepolta dietro il cipiglio severo e arrabbiato del Capitano implacabile che era.
Mugugnando si rigirò venti volte, mordicchiando l'angolo della federa. La pistola brillava appena, nuova, mai usata, carica. Doveva svuotare il tamburo, ma non ne aveva voglia.
Era arrabbiato.
Lo aveva detto anche la sorella.
Era arrabbiato... o deluso?
"Se devi scopartelo..." ma perchè?
BASTA!
Doveva dormire. Subito. Il viaggio sarebbe stato lungo. Doveva dormire. Poi, avrebbe parlato, forse. Piccola pavida creatura.
There's no peace for the wicked. Never.