Si era svegliata da poco.
La luce entrava dalla finestra aperta, cominciava davvero a fare
caldo su quel pianeta, ma dovevano aspettare il carico. La stanza era
piccola, un letto che a malapena conteneva entrambi, ma dovevano
contenere anche i prezzi, per cui nessuno dei due si lamentava. Il
lavandino con cui sciacquarsi era direttamente addossato alla parete
della stanza dove dormivano, fortunatamente la latrina, perchè di
bagno non si può parlare, era in una stanzetta uno per uno con la
porta a soffietto, separata. Lei era in piedi, che cercava di
accendersi la prima sigaretta della giornata. La canottiera era
macchiata dagli aloni di sudore, se ne stava gambe scoperte, in slip
e canotta, con la testa sconvolta e un dolore pulsante alla spalla
che non riusciva a farle riprendere sonno. Vergil stava
sdraiato tra le lenzuola scansate, ancora assopito da una pessima
nottata. Il dolore era tale che si trovò, dopo un paio di tiri, a
dover urgentemente trovare le pasticche. Si mise a smuovere i
vestiti, spostare pile di giornali accumulati fino a che non le
trovò, che rotolavano in terra sopra una pagina di giornale del
Greenfield Herald. In prima pagina, con tanto di foto, il
titolo a caratteri cubitali che parlava dell'arresto di Red
Wright. Le venne un colpo. Cadde in ginocchio, raccogliendo
una pioggia di pastiglie di cui almeno due finirono nella sua gola,
buttate giù a secco e senza alcuna remora. Afferrò il giornale,
trascinandosi schiena contro il letto occupato da Vergil
prese a leggere con foga quello che era l'articolo. Le si strinse una
morsa nel petto. Sapeva che quello che Red aveva fatto
lo avrebbe spedito di filato a Fargate senza passare per il
via. Serrò la mascella, abbassando lo sguardo. Era un brutto posto
quello. L'ultima volta che si erano visti, gli aveva augurato di
stare sano, e invece non era servito a niente.
- Stupido imbecille.
Che cazzo ci sei andato a fare su Greenfield, con tutti i fottuti
pianeti su cui potevi andare. Te la sei cercata.
Strappò la pagina. Il
giornale era vecchio, così prese il deck e si mise a cercare nella
rete. Le gambe incrociate, lo sguardo assorto mentre alle sue spalle
Vergil si muoveva appena, il respiro prendeva un ritmo
meno profondo, evidenti sintomi di quanto si stesse avvicinando il
momento del risveglio. Trovò la sentenza, e con suo sommo rammarico
non era l'unica.
- Andrè... jesus
christ.
Non poteva crederci.
Tutti e due spediti a Fargate. Le prese uno sconforto che non
provava da tanto tempo, da quando ci spedirono a calci il suo unico
fratello. Serrò le labbra, massaggiandosi gli occhi, sfregando
duramente nel sentirli bruciare. Un profondo respiro e chiuse il deck
con uno scatto. Sapeva già quello che doveva fare, per cui si alzò,
per cercare i propri vestiti. Una voce roca e profonda la richiamò.
- Dove vai?
- Devo fare una cosa.
- Da quando mi
rispondi così?
- Devo mandare una
richiesta alla flotta.
- Che?
Quel pover uomo di Vergil
si era appena svegliato, ignaro di tutto venne bombardato da una
notizia priva di senso. Lei, con una palla di abiti in mano, lo
guardò, lesse la confusione e la preoccupazione sul suo viso e si
rese conto di dover rallentare, fare un ampio respiro. Lo trasse,
chiudendo gli occhi per poi prendere il giornale, l'articolo, e
farglielo vedere. Cominciò a vestirsi con più calma, meno
frettolosa ma pur sempre accelerata.
- Lo spediranno a
Fargate.
- Appunto...
- Non vorrai andarci
di nuovo.
- Certo che ci vado,
c'è anche Andrè. Le sentenze sono già nel cortex.
- Molly, andare lì
non ti farà stare meglio.
- No, ma non posso
lasciarli a marcire lì, hanno bisogno di speranza, hanno bisogno di
sapere che c'è chi li aspetta fuori, di essere rassicurati da questo
punto di vista. Più persone ci sono disposte a farlo, più
possibilità ci sarà che non crepino lì dentro. Glielo devo,
Vergil.
- Non gli devi niente.
- Invece sì. In fondo
è un buon diavolo. Wright si è preso delle pallottole per noi,
remember?
- Noi ce le siamo
prese per lui e per la sua nave.
- Andrè ha cercato di
proteggermi.
- Sì, e ha fallito.
Nevermind. Ci ha provato. Tanto basta.
- Qualunque cosa dirò
non servirà a farti cambiare idea, vero?
- No.
- Passami i pantaloni,
almeno ti accompagno alla base.
Lei si voltò, lo guardò
a lungo, fino a che non trovò un sorriso solo per lui, per quanto
sporcato di una nuova urgenza. Riuscì a trovare lo slancio per
concedersi qualche minuto con il proprio uomo, a ringraziarlo per la
pazienza, infinita, che dimostra contro la sua assurda e patologica
necessità di tentare sempre l'improbabile per chiunque, il suo
attaccamento a quel senso di dovere che non si capisce spesso da dove
esca, ma che in fondo ha sempre fatto parte di lei e avrebbe
continuato a farne parte, che lui l'avesse assecondata o meno.
***
- Sei sicura di voler
fare questa cosa da sola, posso rimandare la questione su Phoenix.
- Naye, bel culo, me
la cavo da sola.
- Bel culo?
- Perchè, non è
così?
- Quanto sei scema?
- Non lo sai nemmeno.
Dai, ora vai, ci penserà Trigger a me, come sempre.
Il vecchio annuì a
conferma. Vergil non era comunque convinto, glielo
leggeva in viso. Lei comunque cercò di sorridergli, rassicurarlo con
un bacio un po' più intenso del solito.
- I'll be fine.
- Okay. Fammi sapere
quando hai fatto, e salutameli.
- I will. E tu non
guardare il culo delle altre.
La risata di Vergil
era ancora nelle sue orecchie mentre scivolava attraverso i passaggi
che portavano alla zona dei colloqui, dove già tempo addietro, forse
in un altro blocco però, vide il fratello. Era inquietante, era
tutto davvero spaventoso. Sapeva che non era lo stesso posto
dell'altra volta, perchè era da un altro lato, della struttura,
eppure era identico. Non c'era altro che il cemento, la pietra e
acciaio. Tutto uguale, alienante. L'aria ristagnava, fredda. Venne
perquisita svariate volte, dovette rispondere ad un sacco di domande,
a cui ad alcune rischiò pure di alterarsi, ma alla fine ce la fece.
Per prima cosa le fu permesso di visitare Andrè. La
condizione in cui stava le fece scorrere un brivido lungo la schiena.
Conosceva, o almeno, aveva subodorato la dipendenza del Profeta
dagli stupefacenti, qualcosa che aveva imparato a vivere attraverso
Ritter, e i poveri derelitti a cui spacciavano di tanto
in tanto. Ma era lucidissimo, e la cosa era peggio di tutto, perchè
un tossico in astinenza è più fragile di qualsiasi altra persona.
Riuscirono a parlare, stringersi la mano, riuscì a trasmettergli un
minimo di calore, seppur la guardia continuasse a sminuire i suoi
tentativi fino a farle ribollire il sangue.
- Sei stata su di un
pianeta tipo Greenfield, di recente?
- Ho fatto revisionare
la Monkey lì, why?
- Parlamene,
raccontami com'è.
Lì
per lì la richiesta le sembrò davvero assurda, ma poi si rese
conto, ricordando i racconti di Trigger a riguardo, che
Andrè probabilmente non vedeva il cielo azzurro da
tempi immemori, non sentiva il sole sulla pelle, il vento e il
gorgogliare dall'acqua. Così decise di raccontargli tutto quello
che, a livello sensoriale, avrebbe potuto fargli ricordare
Greenfield, il tepore del sole all'imbrunire, il vento caldo e
la brezza fresca la sera, il suono delle acque sotto ad Adam's
Bridge, tutto quello che poteva risultare famigliare, consolante.
- Quando sarai fuori
di qui, farai tutto quello che vorrai.
Ci
credette davvero. Nel dirlo c'era il più sincero augurio di poter
uscire da quel inferno, sulle proprie gambe e con la mente ancora
sana. Glielo doveva, perchè in fondo, seppur fallendo, aveva tentato
l'impossibile, ed era una di quelle cose per cui era sempre stata
immensamente grata. Li separarono ben presto, trascinandolo di nuovo
in catene alla sua disperazione, mentre lei cercava con tutta sé
stessa di dargli una minima speranza, di ricordargli di avere fede,
che c'era qualcuno lì fuori che lo aspettava. Le sbatterono la porta
alle spalle, pesante, fredda. Sussultò voltandosi a cercare la
guardia che le chiese di seguirlo di nuovo. I corridoi erano tutti
uguali, salì addirittura su di un mezzo motorizzato, una specie di
cargo quad, che la portò al punto di partenza. Lei non fu felice.
-
Ho chiesto di vedere anche un altro prigioniero.
-
Non è un parco giochi questo, Miss.
-
Miss ci sarà tua sorella. Ho ottenuto il nullaosta per venire qui,
maledizione, non me ne andrò senza averlo visto.
-
Buona giornata.
-
Cosa? Buona giornata un cazzo. Ascolti bene, io ho avuto il
permesso...
-
Ascolti lei, per oggi non ha più nulla da fare qui. Se ne vada,
prima che venga in mente a qualcuno di chiuderla da qualche parte e
buttare via la chiave.
-
Mi sta minacciando?
-
No, la sto avvertendo. Si levi dai coglioni, adesso.
-
Non finisce qui.
-
Right. Goodbye.
La
porta sbattuta in faccia, che quasi le si spaccava il setto. Un
dolore lancinante alla testa, ma fortunatamente nessun danno. Le
lacrime, con un colpo simile, sono inevitabili. Era frustrata,
arrabbiata, maledettamente incazzata con il 'Verse e con i fottuti
culiblu. Ci provò ancora, e ancora, e ancora, ottenendo sempre il
categorico rifiuto.
- Non ci tornerai a
Fargate.
- Fuck you, ci torno
eccome, non possono impedirmi di vederlo, cazzo.
- Possono eccome, e
poi cos'è questo attaccamento a Wright, ci ha sempre e solo portato
guai, lui e i i suoi moralismi.
- Tutti hanno il
diritto di una visita all'inferno, Vergil.
- Non sei mai venuta
in carcere quando ci stavo io.
- E me ne sono pentita
ogni giorno, ogni maledetto giorno fino a che non sei rientrato al
The Machine.
- Lo so.
- E sai anche che se
mi metto in testa di fare una cosa.
- Non riuscirò a
convincerti a non farla, ma per me è una cazzata, probabilmente è
morto...
- Se è morto che me
lo dicessero, invece di sbattermi la porta in faccia.
- Non capirò mai
perchè ci tieni tanto.
- Perchè in fondo è
un buon diavolo, e non è mai venuto meno alla parola data,
nonostante tutto. Ha diritto ad una speranza, V...
- Tu sei troppo buona.
- E' per questo che mi
ami.
- No, ma è una delle
cose che mi piacciono di te... però ho bisogno che tu mi accompagni
su Tauron.
- Andiamo a trovare
Sterling e Ritter?
- Sì, anche. Forse
c'è un lavoro.
- Okay... so, andiamo
su Tauron.
- Se vuoi.
- Voglio...
- Molly...?
- What?
-
Nothing. Prepara la nave dai, sono sicuro che Ritter sarà
felice di rivederci.
- Portagli del thè
nero.
La
risata fu l'ultima cosa che sentì prima di chiudere la porta di casa
e correre ad avvisare Trigger che erano in partenza.
Aveva bisogno di pensare a Cecilia, per potersi
dimenticare, almeno per un attimo di uno strano senso di colpa che
l'aveva catturata. Il pensiero che Red potesse essere
schiattato davvero, non la rassicurava affatto, anzi, rendeva la
situazione ancora peggiore, nonostante si trovò a scegliere tra lo
spettro dei ricordi e le persone concrete a cui teneva: una scelta
obbligata.