- Ti si vede spesso da queste parti,
sorella.
- Stavo cercando te, Vandoosler.
Era andata a colpo sicuro, più o meno.
Il Devil's Den era zeppo di browncoats, e, viste le
accuse per cui Andrè era finito a Fargate, non
dubitava che avesse a che fare con Rooster ed i suoi.
Non giudicava, ovviamente, non poteva permetterselo, ma per lo meno
sapeva dove andarlo a cercare. C'era anche Philip,
quando lei entrò dentro il locale, situato all'interno di un vecchio
fabbricato. Ricordava che avevano stanze a buon mercato, ma pur
sempre accettabili e superiori alla media, comparate a certe topaie a
gettoni del porto.
Non aveva passato una buona nottata. La
dose di antidolorifici era aumentata, i preparativi per la partenza
erano rallentati a causa del brutto tempo, che avrebbe dovuto
affrontare lucida, ma lucida non era affatto. Quando si guardò allo
specchio vide qualcuno che non era lei. Le borse sotto gli occhi, una
perenne smorfia tirata, come se la pelle che spariva sotto la camicia
fosse tesa tutta verso la clavicola sinistra. Faceva un male cane,
ormai da tempo. Ritter era lontano, a costruirsi la sua
vita e lei, in cuor suo, aveva promesso che non lo avrebbe più
disturbato per certe cose. Con Haggerty ne avevano
parlato.
- Li ho accompagnati io su Tauron,
assieme al nano.
Bogart. Non lo vedeva dal
matrimonio. Il matrimonio era stato davvero un bel giorno, forse
l'ultimo nel quale si era sentita davvero bene, forse l'ultimo nel
quale si era sentita finalmente sicura, a proprio agio, con persone a
cui teneva davvero, di nuovo sparse ai quattro angoli del 'Verse. Il
Devil's – lo notò subito – aveva la capacità di farle
venire la malinconia. L'ultima volta che vide Red era
proprio lì, in fondo al bancone. Si scornarono, si salutarono,
augurando ad ognuno salute e fortuna... eppure non era così.
Anche quel giorno, quando mise piede al
Den, sollevò lo sguardo a cercare Red, al suo
solito posto. Per un attimo, un respiro soltanto, le sembrò anche di
vederlo e la cosa le mise addosso una certa inquietudine. Ormai lo
aveva dato per morto, sepolto nei recessi di Fargate,
abbandonato alle memorie stanche di rievocare brutti ricordi. Scosse
il capo, sopravanzando verso Andrè e Philip.
Salutò.
Era lì solo per quello, salutare
entrambi, pronta per partire come da programmi.
- Sono venuta per chiederti di
promettermi che ti farai visitare, e che starai bene, Andrè.
Lui ne sorrise. Era fatto, lo era di
nuovo. Conosceva quello sguardo, lo aveva visto tantissime volte in
Ritter da farle male al cuore. Eppure non poteva
biasimare quel uomo che cercava di nascondere e seppellire il proprio
dolore nella droga, non ci riusciva: in fondo anche lei non era molto
diversa da tutti loro. Con la coda dell'occhio continuava a cercare
lo spettro di Red.
- Cerca di stare salvo, right?
- Ci proverò, faccio quel che posso.
- Mh.
Doveva accontentarsi, ovviamente. Si
voltò a guardare il ragazzo, Philip, che ovviamente le
chiese dove fosse Neville, e lei non si preoccupò di
rispondergli quella che era la pura e semplice verità.
- Dove te ne vai di bello?
- Phoenix.
Era sempre strano mettere piede su quel
pianeta. Aveva un'ascendente che non riusciva a capire del tutto sul
Capitano, ma non era importante. Lei era lì al Den per
salutare, assicurarsi di lasciare entrambi con le dovute ramanzine,
riguardo salute e occhi bene aperti. Si raccomandò con Philip,
con una certa determinazione, prima di abbracciarlo e ritirarsi di
nuovo. Una strana angoscia le scavava il petto. Più il tempo passava
e più si allontanava dal Den, più aveva l'impressione di
aver visto Red. La cosa non le fece chiudere occhi e
anzì, passò la nottata a rigirarsi tra le lenzuola fino a che non
ne potè più. Si alzò, prese una delle bottiglie dalla scorta di
Neville e si mise a fumare, a pulire le pistole, a
bere. Stanca di tutto, decise di correre ai
ripari, illuminata da un messaggio scritto a mano, una ricetta di
Ritter, o meglio, dietro una ricetta di Ritter.
La possibilità che sintetizzassero qualcosa di personale, adeguato
alle sue necessità, massimizzando l'effetto analgesico. Erano
paroloni complicati, ma in parte riusciva a capire benissimo quello
che intendeva il dottore. Lo aveva anche detto al Chimico, in
un momento di condivisione fraterna.
- It's time.
Prese il pad, scrisse un paio di righe,
e, senza rendersene conto, aveva messo in moto alcuni ingranaggi.
Troppo veloci, però, perchè di lì a poco si trovò un Haggerty
accanto, in parte preoccupato.
- Cosa ti ha fatto cambiare idea?
- Ho le allucinazioni, Huck. Non va
bene. Non dormo più di un paio d'ore a notte, il dolore non passa,
non posso continuare così.
- No, non puoi, e non aumentare la
dose.
- Quindi, che si fa?
- Per prima cosa dobbiamo sapere se la
spalla è peggiorata.
- Naye, non lo è.
- Io non sono un medico, fatti fare un
controllo, oggi ho conosciuto una dottoressa. Non sembra male. Un po'
particolare...
- Particolare quanto Ritter?
- Non l'ho conosciuto abbastanza, ma
credo di sì.
- Mh... dammi il suo contatto.
- Adler, si chiama, ti mando il
cortex.
- Aye...
- Cox... che genere di allucinazioni
hai?
- Vedo gente che non dovrei vedere,
gente che è sepolta, chiusa via per sempre.
- ...
- Non mi hanno permesso di vederlo,a
Fargate. Mi hanno chiuso le porte in faccia e non sono riuscita a
salutarlo, per questo vedo il brutto muso di Wright ovunque, adesso.
Haggerty divenne di punto
in bianco estremamente nervoso. Condivisero la bottiglia, ma in
realtà era lui quello che se la stava scolando tutta. La tensione
era talmente alta che se ne accorse anche lei, nonostante tutto.
- Si può sapere che hai?
- Dah, niente.
- Senti, se ti pesa tanto aiutarmi
lascia perdere, okay?
- Io voglio aiutarti, ma so che me ne
pentirò anche perchè cambierai idea.
- Ascolta...
- Dimmi una cosa, Cox, hai visto altri
oltre a quella persona?
- Naye, ma mi conosco, quando comincio
coi sensi di colpa è la fine.
- Ascolta... non era un'allucinazione:
Red Wright è evaso da Fargate.
Lei si era alzata, barcollando per il
dolore e la vista annebbiata. Gli scoccò un'occhiata irata, prima di
imprecare.
- No way! Io ti chiedo di aiutarmi e
tu vieni qui a prendermi per il culo? Nessuno scappa da Fargate, lì
puoi solo creparci.
- Ti dico che è così, sono qui per
aiutarti, non sono venuto a prenderti in giro. E' facile che quello
che tu pensi di aver visto in realtà è lui. Ho visto Wright oggi, è
vivo, solo ferito e più stronzo che mai.
- Più stronzo è difficile.
Lei dovette sedersi nuovamente, alla
notizia, somatizzare il colpo, ciondolando nemmeno fosse davvero
completamente sbronza. Il sorriso che le spuntò in faccia sembrava
volergliela squarciare, tanto era ampio.
- My God... it's him, he's alive.
Non poteva credere alle proprie
orecchie.
- Non dirgli che te l'ho detto.
Qualsiasi scusa è buona per avercela con me.
- Aye, I promise, non dirò nulla.
Cristo santo...
- Cosa?
- Appena lo vedo mi sente... coglione
da niente, farsi arrestare così, per scappare poi.
- A quanto pare sono stati dei
cacciatori di taglie.
- Feccia, well, l'importante è che
sia vivo.
Fece un gran respiro. Il petto le si
svuotò di colpo. Si sentì di nuovo alleggerita, per un certo verso.
- Adesso cambierai idea...
- Naye. Non posso andare avanti così
comunque. Questa storia mi sta facendo perdere di lucidità, di
fermezza. Sono un pilota, ho da lavorare, non posso permettermi di
abbassare la guardia. Naye, lo facciamo.
Haggerty era
evidentemente sollevato. La discussione si protrasse un altro po',
tra discorsi sulle navi, carburante, Goldera. Gli promise che
si sarebbe fatta visitare da quella dottoressa, ma non aggiunse
altro. Il chimico sembrava esaltato dalla possibilità di usarla come
cavia, ma in fondo a lei non dispiaceva. Andava bene così. Lo
salutò, e tornò ad assicurarsi che le pistole fossero cariche, con
un pensiero più felice a farle compagnia, scacciati i fantasmi.