mercoledì 19 giugno 2013

Safeport, June 2515 - Part II

- Ti si vede spesso da queste parti, sorella.
- Stavo cercando te, Vandoosler.

Era andata a colpo sicuro, più o meno. Il Devil's Den era zeppo di browncoats, e, viste le accuse per cui Andrè era finito a Fargate, non dubitava che avesse a che fare con Rooster ed i suoi. Non giudicava, ovviamente, non poteva permetterselo, ma per lo meno sapeva dove andarlo a cercare. C'era anche Philip, quando lei entrò dentro il locale, situato all'interno di un vecchio fabbricato. Ricordava che avevano stanze a buon mercato, ma pur sempre accettabili e superiori alla media, comparate a certe topaie a gettoni del porto.

Non aveva passato una buona nottata. La dose di antidolorifici era aumentata, i preparativi per la partenza erano rallentati a causa del brutto tempo, che avrebbe dovuto affrontare lucida, ma lucida non era affatto. Quando si guardò allo specchio vide qualcuno che non era lei. Le borse sotto gli occhi, una perenne smorfia tirata, come se la pelle che spariva sotto la camicia fosse tesa tutta verso la clavicola sinistra. Faceva un male cane, ormai da tempo. Ritter era lontano, a costruirsi la sua vita e lei, in cuor suo, aveva promesso che non lo avrebbe più disturbato per certe cose. Con Haggerty ne avevano parlato.

- Li ho accompagnati io su Tauron, assieme al nano.

Bogart. Non lo vedeva dal matrimonio. Il matrimonio era stato davvero un bel giorno, forse l'ultimo nel quale si era sentita davvero bene, forse l'ultimo nel quale si era sentita finalmente sicura, a proprio agio, con persone a cui teneva davvero, di nuovo sparse ai quattro angoli del 'Verse. Il Devil's – lo notò subito – aveva la capacità di farle venire la malinconia. L'ultima volta che vide Red era proprio lì, in fondo al bancone. Si scornarono, si salutarono, augurando ad ognuno salute e fortuna... eppure non era così.

Anche quel giorno, quando mise piede al Den, sollevò lo sguardo a cercare Red, al suo solito posto. Per un attimo, un respiro soltanto, le sembrò anche di vederlo e la cosa le mise addosso una certa inquietudine. Ormai lo aveva dato per morto, sepolto nei recessi di Fargate, abbandonato alle memorie stanche di rievocare brutti ricordi. Scosse il capo, sopravanzando verso Andrè e Philip. Salutò.
Era lì solo per quello, salutare entrambi, pronta per partire come da programmi.

- Sono venuta per chiederti di promettermi che ti farai visitare, e che starai bene, Andrè.

Lui ne sorrise. Era fatto, lo era di nuovo. Conosceva quello sguardo, lo aveva visto tantissime volte in Ritter da farle male al cuore. Eppure non poteva biasimare quel uomo che cercava di nascondere e seppellire il proprio dolore nella droga, non ci riusciva: in fondo anche lei non era molto diversa da tutti loro. Con la coda dell'occhio continuava a cercare lo spettro di Red.

- Cerca di stare salvo, right?
- Ci proverò, faccio quel che posso.
- Mh.

Doveva accontentarsi, ovviamente. Si voltò a guardare il ragazzo, Philip, che ovviamente le chiese dove fosse Neville, e lei non si preoccupò di rispondergli quella che era la pura e semplice verità.

- Dove te ne vai di bello?
- Phoenix.

Era sempre strano mettere piede su quel pianeta. Aveva un'ascendente che non riusciva a capire del tutto sul Capitano, ma non era importante. Lei era lì al Den per salutare, assicurarsi di lasciare entrambi con le dovute ramanzine, riguardo salute e occhi bene aperti. Si raccomandò con Philip, con una certa determinazione, prima di abbracciarlo e ritirarsi di nuovo. Una strana angoscia le scavava il petto. Più il tempo passava e più si allontanava dal Den, più aveva l'impressione di aver visto Red. La cosa non le fece chiudere occhi e anzì, passò la nottata a rigirarsi tra le lenzuola fino a che non ne potè più. Si alzò, prese una delle bottiglie dalla scorta di Neville e si mise a fumare, a pulire le pistole, a bere. Stanca di tutto, decise di correre ai ripari, illuminata da un messaggio scritto a mano, una ricetta di Ritter, o meglio, dietro una ricetta di Ritter. La possibilità che sintetizzassero qualcosa di personale, adeguato alle sue necessità, massimizzando l'effetto analgesico. Erano paroloni complicati, ma in parte riusciva a capire benissimo quello che intendeva il dottore. Lo aveva anche detto al Chimico, in un momento di condivisione fraterna.

- It's time.

Prese il pad, scrisse un paio di righe, e, senza rendersene conto, aveva messo in moto alcuni ingranaggi. Troppo veloci, però, perchè di lì a poco si trovò un Haggerty accanto, in parte preoccupato.

- Cosa ti ha fatto cambiare idea?
- Ho le allucinazioni, Huck. Non va bene. Non dormo più di un paio d'ore a notte, il dolore non passa, non posso continuare così.
- No, non puoi, e non aumentare la dose.
- Quindi, che si fa?
- Per prima cosa dobbiamo sapere se la spalla è peggiorata.
- Naye, non lo è.
- Io non sono un medico, fatti fare un controllo, oggi ho conosciuto una dottoressa. Non sembra male. Un po' particolare...
- Particolare quanto Ritter?
- Non l'ho conosciuto abbastanza, ma credo di sì.
- Mh... dammi il suo contatto.
- Adler, si chiama, ti mando il cortex.
- Aye...
- Cox... che genere di allucinazioni hai?
- Vedo gente che non dovrei vedere, gente che è sepolta, chiusa via per sempre.
- ...
- Non mi hanno permesso di vederlo,a Fargate. Mi hanno chiuso le porte in faccia e non sono riuscita a salutarlo, per questo vedo il brutto muso di Wright ovunque, adesso.

Haggerty divenne di punto in bianco estremamente nervoso. Condivisero la bottiglia, ma in realtà era lui quello che se la stava scolando tutta. La tensione era talmente alta che se ne accorse anche lei, nonostante tutto.

- Si può sapere che hai?
- Dah, niente.
- Senti, se ti pesa tanto aiutarmi lascia perdere, okay?
- Io voglio aiutarti, ma so che me ne pentirò anche perchè cambierai idea.
- Ascolta...
- Dimmi una cosa, Cox, hai visto altri oltre a quella persona?
- Naye, ma mi conosco, quando comincio coi sensi di colpa è la fine.
- Ascolta... non era un'allucinazione: Red Wright è evaso da Fargate.

Lei si era alzata, barcollando per il dolore e la vista annebbiata. Gli scoccò un'occhiata irata, prima di imprecare.

- No way! Io ti chiedo di aiutarmi e tu vieni qui a prendermi per il culo? Nessuno scappa da Fargate, lì puoi solo creparci.
- Ti dico che è così, sono qui per aiutarti, non sono venuto a prenderti in giro. E' facile che quello che tu pensi di aver visto in realtà è lui. Ho visto Wright oggi, è vivo, solo ferito e più stronzo che mai.
- Più stronzo è difficile.

Lei dovette sedersi nuovamente, alla notizia, somatizzare il colpo, ciondolando nemmeno fosse davvero completamente sbronza. Il sorriso che le spuntò in faccia sembrava volergliela squarciare, tanto era ampio.

- My God... it's him, he's alive.

Non poteva credere alle proprie orecchie.

- Non dirgli che te l'ho detto. Qualsiasi scusa è buona per avercela con me.
- Aye, I promise, non dirò nulla. Cristo santo...
- Cosa?
- Appena lo vedo mi sente... coglione da niente, farsi arrestare così, per scappare poi.
- A quanto pare sono stati dei cacciatori di taglie.
- Feccia, well, l'importante è che sia vivo.

Fece un gran respiro. Il petto le si svuotò di colpo. Si sentì di nuovo alleggerita, per un certo verso.

- Adesso cambierai idea...
- Naye. Non posso andare avanti così comunque. Questa storia mi sta facendo perdere di lucidità, di fermezza. Sono un pilota, ho da lavorare, non posso permettermi di abbassare la guardia. Naye, lo facciamo.

Haggerty era evidentemente sollevato. La discussione si protrasse un altro po', tra discorsi sulle navi, carburante, Goldera. Gli promise che si sarebbe fatta visitare da quella dottoressa, ma non aggiunse altro. Il chimico sembrava esaltato dalla possibilità di usarla come cavia, ma in fondo a lei non dispiaceva. Andava bene così. Lo salutò, e tornò ad assicurarsi che le pistole fossero cariche, con un pensiero più felice a farle compagnia, scacciati i fantasmi.