martedì 24 dicembre 2013

Nothing will ever be the same...

Svegliarsi di soprassalto nel cuore della notte era ormai diventata una cattiva abitudine. Non perchè il braccio, la coscia o la spalla facessero male, il dolore dell'ustione era ormai un lontano ricordo, grazie all'ausilio degli antidolorifici progettati da Huck e alle pomate che si spalmava per rigenerare la pelle morsa dalle fiamme. Si massaggiava le dita fasciate, madida di sudore freddo, ormai appiccicato addosso. La cabina era così familiare, eppure, in quegli attimi di panico in cui spalancava gli occhi riusciva ancora a vedere la giungla che andava in fiamme, riusciva ancora a sentire i boati delle detonazioni oltre il fiume, riusciva a percepire il tremare della terra mentre dallo spazio si scaricava l'ira dell'Alleanza. Tutto ciò che Molly Cox ricorda di quei giorni concitati di ritirata verso Timisoara era l'amaro sapore della paura, e la solida stretta di mano dell'uomo che, ancora una volta come tante volte prima, è riuscito a farla uscire dall'inferno.

Le camminate nella giungla, gli insetti, il fango, i feriti ai quali non poteva salvare la vita, i morti che li circondavano come foglie cadute d'autunno. Non riusciva a levarsi dalle narici l'odore della carne consumata dalla morte, gli umori di un pianeta ormai allo stremo delle forze, che grondavano malsani oltre i loro piedi, a cercare di ingoiarli e render loro impossibile scappare. Eppure, il cielo solo sa come, ce la fecero.
Raggiungere Timisoara fu il primo passo, ma quando finalmente ci riuscirono, era ormai troppo tardi. Philip era sano e salvo, questo le aveva permesso di accantonare un po' di quella paura che non le faceva chiudere occhio, né tenere un singolo boccone nello stomaco per più di cinque minuti. Si sentiva sbronza, ma di una sbornia cattiva, malata, di quelle per le quali ti penti amaramente ogni secondo e giuri in cuor tuo che non toccherai più alcol. Aveva il braccio ustionato, niente di irreparabile, ma era decisamente fastidioso. Non avesse avuto la tuta addosso, probabilmente sarebbe stato molto peggio, così com'era per quella scheggia, schizzata via impazzita da una granata, che l'ha morsa alla coscia con la rapidità di un serpente. Ma era viva. Non era mai stata così grata di vedere Timisoara come in quel momento. Camminava a fatica, ma era viva, e la cosa la spinse a muoversi ancora più rapidamente, raggiungere la Monkey e soprattutto cercare di raggiungere gli altri, in qualche modo. Poi l'avviso, Cortès e le sue buone notizie. Renshaw aveva ordinat la ritirata verso Safeport. Un pianeta familiare, rotte che conosceva come le sue tasche. Non aveva tempo per riposare, farsi fasciare la ferita era solo un palliativo, ci avrebbe pensato da sola, poi. L'importante era portare il culo via da quel pianeta: aveva una scommessa da vincere e non aveva lasciato i 100 A$ ad Edwards, non poteva crepare con dei debiti da saldare.

A Sunset Tower, osservando l'arroccarsi delle forze confederate sull'ultimo baluardo di Polaris si sentì di aver perso definitivamente la guerra. Eppure non le bruciava dentro. In fondo - si disse - aveva fatto tutto il possibile per cercare di essere d'aiuto. Non si era mai aspettata di vincere qualcosa, ma solo di proteggere le persone che lo meritavano, di portare a casa la pelle di qualcuno di importante, oltre la propria, ovviamente. Nel calcolo dei caduti perdeva la cognizione di cosa fosse giusto e cosa sbagliato. Molti dei soldati che aveva conosciuto in guerra erano ormai dispersi, li aveva raccolti morenti, aveva chiuso i loro occhi. Ne aveva di bicchieri da tracannare in onore di ognuno di loro, non sarebbe bastata la riserva di alcol dell'intero 'Verse.

Voltandosi ritrovava sempre Vergil al suo fianco, addormentato. Passava ore a chiedersi se fosse sereno, come in fondo sentiva di esserlo lei. Perchè aveva combattuto, pur perdendo, aveva comunque mantenuto fede a quanto si era ripromessa di fare. Perchè in fondo Moloko era ancora viva, lo era Vergil, lo era Philip, lo è... lei. Trovò la forza di rimboccarsi le maniche, ricominciare di nuovo, decidere come riprendere a vivere, nonostante gli incubi, nonostante il dolore. Forse Jack Rooster aveva fatto la scelta migliore, tornando a casa: ricostruire pezzo per pezzo un pianeta devastato dalla guerra con le proprie mani era il modo migliore per cercare di curare le ferite di una guerra ormai sorpassata da qualcosa di più nuovo, di ancora vivo e bruciante.

Stringe e chiude le dita, Molly Cox, lasciando scariche di fastidio lungo il braccio fin dentro il cervello, per ricordarsi che sì, ha visto la morte in faccia, ancora una volta, ma questa volta è passata oltre. Un paio di calzoni sgualciti, i vecchi anfibi sporchi e malridotti, un semplice revolver nei pantaloni e occhi segnati dalla comprensione: niente potrà più essere come prima.

Goodbye...

Mentre Molly Cox, impegnata a suddividere le scorte accumulate nel magazzino, pensa alla guerra e a come la situazione si sta evolvendo, si trova a fissare il pad che brilla, contro gli occhi chiari e affilati. Jack Rooster chissà dove, sparita da un giorno all'altro lasciando Boris a fare il più alto in grado, un vero palo in culo, che le fa rimpiangere quella stronza di Rooster, in fondo. Si appoggia di spalle alle casse, infilando l'auricolare nell'orecchio, per appoggiare il pad su di una scatola, in modo da vaderla senza farsi venire un crampo alla spalla. 

- Ehy Sorellina

Anya Krushenko, dall'altro capo del 'Verse, collegata con un filo sottile di rete cortex al suo piccolo pad, che la riporta verdognola e nebbiosa. Un sospiro, un sorriso, come non ne fa da tempo ormai, e la strana sensazione che si accaduto qualcosa. Sta in macchina, Anya, guidando chissà dove. Molly è in grado di riconoscere i sedili di pelle della sua Lux Car. Lei, splendida come sempre, mentre la pilota di Shijie si tira avanti con la sola forza del suo pessimo carattere e la vicinanza delle persone che ama, almeno una parte di loro.

- Come stai?
- Si tira avanti, dov'è Facciadimarito?
- E' con James su Xinhion a vedere delle proprietà.
- Mh?
- C'è una cosa, Sis'.. ho un'opportunità.
- Di che tipo?
- Una promozione...
- So...?
- Bhè, posso scegliere se andare a New London o a Xinhion.
- Non mi sembri felice.
- No, lo sono, solo... devo capire, Edan sarebbe probabilmente più felice se scegliessi New London...

Molly storce la bocca, scrollando la testa non sembra affatto convinta della cosa.

- New London non mi piace. Meglio Xinhion, a questo punto, e poi c'è Declan, lì, no? 
- Sì, c'è Declan...
- Certo, nuotare nello stesso mare con lei...
- E' stimolante come idea, no?
- Se lo dici tu, a me metterebbe ansia, ma a te questo genere di sfide piacciono, sono il tuo pane. Quando andresti?
- La promozione è già decisa, devo solo far sapere dove voglio andare, e poi non mi dispiacerebbe constatare se è vero che Carter ha rallentato l'invecchiamento con la tecnologia.
- Bhè, ma che ti frega, scusa?
- Un paio di rughe in meno non mi dispiacerebbero, sorellina.
- Ma se sei bellissima, è Edan che ti invecchia.
- Che vorresti dire con "Edan ti invecchia?"
- Come scusa? Non ho capito...
- Non fare la finta tonta, hai capito benissimo!
- La comunicazione è davvero pessima, potresti ripetere?
- ... Mi prendi in giro?
- Un pochino, ma non sul fatto che tu sia splendida.
- Mhhh...
- Ma lo posso dire a Vergil?
- Certo che puoi, anzi, devi.
- Right... so, la prossima volta dovrò venire a trovarti da qualche altra parte, non più su Horyzon. Edan si prenderà cura di te, nel mentre, ne sono certa. 

Mentre le due parlano, Molly è intenta a razionare le razioni già agli sgoccioli, riempiendo vari contenitori con quello che c'è rimasto, seguendo una lista mentale.

- Sis, tu stai bene vero?
- C'è Vergil che mi obbliga a stare bene, lo sai com'è fatto, no?
- Sì, lo so, e so anche che tu tendi ad essere troppo buona.
- Non è vero!
- ... Ah no? Stai usando le tue riserve di cibo per gli altri, vero?
- ... Non essere sciocca, Vergil mi ucciderebbe se lo facessi.
- Mh, sai che se hai bisogno...
- Lo so, ma tu adesso pensa a te e stai via da tutto questo, qui le cose non sono proprio splendenti. 
- I know...
- Sorellina, qualsiasi cosa accada... you know that I love you, right?
- Cosa vuoi che accada? Non fare la stupida...
- Niente, lo sai, c'è Neville con me, fino a che c'è lui everything will be okay, right?

La voce fuori campo dell'assistente di Anya riempie l'abitacolo, metallica, probabilmente richiamandola all'ordine dato che se ne sta ferma in uno dei tanti parcheggi della Blue Sun a parlare con la sorella dall'altro capo del 'Verse trascurando i propri doveri di CEO, per qualche minuto di troppo, evidentemente.
- Salutami Edan, e anche la signorina postino.

Anya ride, di una risata leggera, che però nasconde la preoccupazione che sempre riversa sulla sorella, nel bel mezzo di una guerra che le separa e le tiene distanti più che mai.
- Tu cerca di stare bene e di mantenerti salva, right?
- I'll try.

Non c'è molto altro che si possa promettere, e in fondo tutte le notizie che arrivano, come bisbigli e chiacchiere, non hanno niente di incoraggiante. Lo scontro si spinge oltre i limiti della semplice terra. E ben presto travolgerà tutto, chiudendo un capitolo scuro nella vita di tutti, Molly Cox inclusa.  

mercoledì 4 dicembre 2013

Timisoara, November 2515

Quando accede di sentire che il ragazzetto di Boros, il meccanico dell'Array è stato ritrovato faccia nel fango e portato in infermeria, ti sale dentro qualcosa. La rabbia, l'intolleranza per la stupidità colossale e allo stesso tempo una dannata paura, talmente forte da far battere il cuore all'impazzata, spingerti a lasciare quello che stavi facendo per correre in quella tenda da campo immensa e ghermita di poveracci, per cercarlo. E tutto questo era successo a Molly Cox, un giorno come tanti che non contava nemmeno più, in un susseguirsi di compiti serrati, poche ore di riposo e tante fatiche. Nemmeno ricordava più cosa stesse facendo. Si ritrovò inginocchiata accanto alla branda di Philip, mentre lo osservava agitarsi per la febbre alta. Era così fragile, così indifeso che si sentì il cuore colare a picco. Lo vedeva da sè che era mal nutrito. 

Molly camminava avanti e indietro mentre i medici si occupavano di visitare Philip. Era stata scacciata in malo modo e costretta a darsi una calmata perchè ad inveire ed arrabbiarsi contro un poveraccio febbricitante non è che aiutasse molto. Aveva fatto a cambio con tutti i turni in infermeria, corrompendo chi ci doveva stare a fare il proprio mestiere con scorte, medicinali, sigarette. Voleva e doveva stare accanto al ragazzo, con quella paura che non pronunciava: le riempiva la bocca di melassa e la faceva sentire inadeguata, piccola, insicura. Lui era lì, incassato su quel letto senza possibilità di muoversi, agonizzante per la troppa bontà che gli divorava il cuore e lei non sapeva come aiutarlo.

La notte dormiva china sul suo letto, stringendogli la mano, la mattina era la prima ad alzarsi, tamponargli la fronte e ricordargli di non permettersi minimamente di morire, non mentre c'era lei a prendersi cura di lui: non glielo avrebbe mai perdonato. Con un principio di polmonite dove ormai le medicine vengono diluite come palliativi non è facile passare la notte, fortunatamente il ragazzo aveva sempre avuto la pelle dura. Nel tentare di rincuorare l'animo turbolento di Cox, non riuscì a fare a meno di confessare l'ennesimo piccolo segreto.

- Vedi di non mollarmi in questa merda da sola, Kiddow, non te lo perdono.
- Stai tranquilla, Winger.
- Tranquilla ha fatto una brutta fine, kid.
- Right, comunque sto bene.
- Non stai bene per un cazzo, mi hai fatto prendere una paura fottuta. Ho creduto di perderti, damn you.
- Calm down, non ho intenzione di morire il giorno del mio compleanno.

Un bel regalo di compleanno, per il povero Philip. Il letto d'ospedale, una promozione sul campo, una bella polmonite e il cane rabbioso "Molly Cox" a ringhiare contro chiunque si avvicinasse, a fare la guardia senza sosta fino a che non fu proprio inevitabile per lei di venire spedita altrove, perchè in fondo di gente capace a guidare ce n'era, ma che volesse arrivare fino alla giungla, ce n'era davvero poca. E anche lì, nella giungla a sradicare alberi, trovava il tempo di sbirciare le foto che aveva con sè e pensare a lui, su quella branda troppo piccola in cui sembrava sprofondare, mangiato vivo da quel suo cuore grande, fin troppo.

Lo aveva visto girarsi un foglio tra le dita, lo aveva visto imbarazzarsi quando gli puliva la fronte madida a causa della febbre, lo aveva visto arrossire nonostante già avesse gli occhi lucidi. Aveva vegliato, lo aveva guardato, e si era convinta che era lì, in quel inferno, in quella guerra di stenti e sofferenze anche per lui. Nel periodo di degenza del ragazzo aveva anche trascurato il povero Vergil, senza farsi vedere per dei giorni, fino a farsi riprendere addirittura dal meccanico. Solo lei poteva farsi sgridare da un ragazzo appena diciannovenne incastrato in un letto e con la smania di volersi subito rialzare. A causa di Philip, la pilota fu costretta ad allentare il gunizaglio, rabbonita dai suoi modi, da quel suo sguardo pulito. Pur a malincuore, tornò ai propri doveri, solo per ritrovarlo, una sera, ammanettato alla branda perchè si era alzato senza chiedere nulla a nessuno. 

- Ti da di matto il cervello? Vuoi crepare giovane?
- Ma sto bene, non ti devi preoccupare, okay?
- Okay un cazzo, Philip, tu devi restare a letto, do you understand?
- No, posso stare in piedi, posso lavorare, c'è altra gente che ha bisogno di questo letto, io sono solo d'impiccio.
- Lo sei anche fuori, cazzosanto!
- Winger, sto bene davver- 

Interrotto da colpi di tosse potenti, Philip non riusciva a completare le frasi e non riusciva nemmeno ad essere convincente per Molly, che non ci stava proprio a lasciarlo solo ancora. Putroppo gli impegni la spinsero ad allontanarsi da lui, nuovamente, con la promessa che se si fosse alzato da quella branda anzitempo, gli avrebbe sparato in un ginocchio "così almeno non puoi stare in piedi". Drastica, ma efficace. Peccato che le minacce nei confronti di Philip rimarranno sempre come le più colossali e storiche balle che Molly Cox sia in grado di raccontare, buchi nell'acqua estremamente coloriti e fantasisio, ma del tutto inconsistenti.