Non c'era verso. Aveva chiuso gli occhi poco meno di quattro ore prima, ma il dolore aveva deciso che non meritava sonno, stanotte. Con lentezza estenuante si calò fuori dal letto che condivideva ormai da qualche giorno con la sorella. Anya l'aveva accolta in casa sua, dato che allontanarsi da Horyzon richiedeva troppo tempo, e lei aveva visite periodiche da sostenere all'ospedale, oltre ad avere una gara, in vista. Tutti buoni motivi per rimanere incastrata a terra. Se ne stava davanti alle finestre, ad osservare il panorama esterno, cercando il cielo con occhi cerchiati dal fastidio e la rassegnazione. Il mal di terra ormai era diventato insostenibile, ma in qualche modo, il bruciare alla clavicola diventava quasi un modo per esorcizzare il problema, le occupava mente e cuore, lasciandola troppo stordita per pensare lucidamente ad altro. Guardò il flacone che le stava sempre accanto, stringendo le labbra a rendersi conto che, ormai, la soglia che le avevano detto di non superare l'aveva lasciata ben alle spalle, e continua, a testa bassa e muso duro, in una discesa senza ritorno. Non poteva farne a meno. Lo sapeva, e se n'era convinta. Un suono nella stanza da letto la fece voltare di scatto e trattenere il fiato. Era troppo presto perchè Anya si alzasse e temeva di averla disturbata, ma fortunatamente, quando si affacciò, la sorella continuava a dormire serena.
Non c'era bagno bollente o sorso di alcol che poteva cancellare il fastidio di una nottata in bianco. Non fece il caffè perchè l'aroma avrebbe funto da sveglia per la Korolevita, ma accarezzò sovente l'idea di uscire. Si era già vestita, ciondolando in quella casa bianca, con i mobili di non capiva che strano materiale, asettica e spaziale. C'era qualcosa di inquietante in tutto quel bianco, e personalmente, per quanto affascinata, non avrebbe mai vissuto davvero in una casa simile. Con un bicchiere sottomano si sedette sul divano. L'holo-tv tenuta bassa, il c-pad che segnava un orario imperdonabile. Con un gran sospiro, riprese ad ascoltare i messaggi registrati. In quei momenti non trovava altro conforto se non nel chiedersi ripetutamente perchè. Perchè loro? E nel silenzio, con una pubblicità di un viaggio di lusso sulla Carnival Mistress, trovò l'ironia di sbuffare un minimo e spegnere il dannato aggeggio.
Il sole del sistema Central stava sorgendo, le lame di luce penetravano le tende e lei era lì, con la testa buttata all'indietro, a fissare i movimenti tenui del tessuto sintetico bianco, smosso dall'aria centralizzata che teneva la casa in temperatura. Il bicchiere ancora lì nella mano, il ghiaccio sciolto in un alone umido sotto di esso, che aveva provveduto ad arginare con un sottobicchiere improvvisato. Il tintinnare riempiva il silenzio della stanza. Il dolore si era ammansito e l'espressione distesa lasciava intendere che forse, aveva vinto, ma era pura illusione. Il flacone stappato, una dose sempre più massiccia buttata giù direttamente, senza nemmeno più l'acqua: come fossero caramelle.
La passeggiata a Carpathia Square non l'aveva aiutata a mettere chiarezza in testa, il giorno prima, e nemmeno aveva fatto visitare i giardini con la sorella, per quanto, sfogarsi sia sempre una buona maniera di organizzare i pensieri, il nodo era talmente grande da non sapere davvero da che parte cominciare, per cercare il bandolo di quell'assurda matassa. Sapeva di non potere rimanere senza far nulla tutto il tempo, pesando fastidiosamente sulle spalle della sorella, ciondolando e lambendo nell'inoperosità, mentre tutto il resto rientrava nei ranghi. Guardò l'elenco dei contatti nel c-pad, fece il punto della situazione: doveva scaricare i contenuti sull'Holodeck e pulirlo, e doveva assolutamente prendere un altro cortex pad. Attivò il deck, con un gran respiro si mise a fare una ricerca: Mike Carpenter. Il nome era stato suggerito da Vergil in una delle sue comunicazioni. Forse avrebbe dovuto ignorarlo, ma non aveva la forza di recidere in maniera così netta quello che la legava alla sua famiglia, perchè in fondo, per quanto si sentisse abbandonata da tutti, allontanata o rifiutata, erano pur sempre la sua famiglia. Localizzò la zona nella mappa, cercò di capire come arrivarci senza dover chiedere in prestito la macchina della sorella. Lei non era molto d'accordo. Anya la voleva proteggere e Molly lo sapeva, avrebbe voluto tanto che lasciasse perdere tutto e che stesse lì, con lei. Glielo aveva anche detto:
- Magari potresti fare la collaudatrice alla Blue Sun, con me.
E ci aveva anche pensato, ma non avrebbe abbandonato gli altri, non sarebbe stata in grado di lasciare tutto, a piè pari, senza nemmeno avere modo di capire, chiarire, parlare. All'improvviso si rese conto di sentirsi tirata in mille direzioni diverse, senza però conoscere quella in cui voleva andare lei. Sapeva per certo che le mancavano alcuni tasselli della sua vita, che uno essenziale lo aveva e se lo teneva stretto, lì, nell'altra stanza verso cui gli occhi tornavano spesso a perdersi. Lei era qualcosa di imprescindibile, ormai. Pur non sapendo che avesse dato la vita per proteggerla, il loro legame era ormai indissolubile, al punto da pensare, a tratti, quando il dolore era troppo e le emozioni un'onda pesante da gestire, che fosse l'unica cosa per cui valeva la pena essere tornati; ma poi c'era lui. Sentire il cuore battere troppo rapidamente quando sul pad compariva il suo contatto, chiudere gli occhi e tendere i sensi a captare ogni piccola sfumatura nella sua voce, intristirsi quando lo sentiva depresso, cupo, preoccuparsi quando lo era lui. Non poteva farne a meno.
- Detesto le situazioni complicate.
Le mancava la nave, le mancava la sua famiglia. Non poteva negare l'evidenza ma allo stesso tempo aveva paura di affrontare la realtà, rendersi conto che tutto il resto era andato avanti, senza di lei. Fece un gran respiro. Finalmente il dolore era completamente assopito e la mente aveva preso maggior lucidità. Decise che doveva affrontare le cose, un passo alla volta. Che avrebbe colto l'opportunità di passare il tempo costretta su quel pianeta a fare qualcosa di costruttivo, piuttosto che di lambire nella nullafacenza. Che avrebbe affrontato le cose di petto, com'era abituata a fare, quando e se avrebbe avuto modo di affrontarle, senza stare lì a farsi le seghe mentali su cosa sarebbe potuto essere e cosa no. Non faceva per lei, continuare a pensare. Ormai il tempo obbligato a far correre la mente, mentre il corpo non poteva fare altro che riprendersi lentamente era passato. Poteva muoversi, doveva muoversi e come le aveva detto la sorella il giorno prima, in quegli splendidi giardini di viola e verde, loro non potevano stare ferme troppo a lungo.
You must make some sense out of this land of confusion...