Il consiglio di Declan Khan era stato preso alla lettera. Se non crollava per le fatiche della riabilitazione che aveva cominciato a seguire, rimaneva la nottata in piedi - per modo di dire - a sfruttare il simulatore. L'aspetto non era migliorato, ma aveva cominciato a mangiare spontaneamente, l'ennesimo segno che stava tornando alla vita, quella vera, vissuta intensamente nelle piccole cose. Si poteva anche alzare per andare in bagno, considerando sempre che al suo fianco c'era una sedia a rotelle e che doveva comunque usare quella, ma l'autonomia è una gran cosa, per quanto limitata, quando hai passato non si sa quanto tempo stesa ed immobile, alimentata e depurata dalle macchine. I *bip* erano diminuiti, ma non le proiezioni.
- Dovresti riposare, Winger.
- Riposerò quando sarò morta.
- Devi proprio usare quella frase, cristo santissimo?
- Uh? Scusa Trig è che... merda.
Si era schiantata contro un banco di asteroiri. La cosa le urtava i nervi. Ormai aveva capito come far funzionare il proiettore e dalla semplice simulazione di volo era riuscita ad aggiungere dettagli come imprevisti random: perturbazioni, banchi di asteroidi, detriti spaziali e qualche avaria calcolata e non debilitante.
- Che è successo?
- Ho aperto uno squarcio nello scafo.
- Capita.
- Un cazzo. Non deve capitare, siamo nel bel mezzo del 'Rim, con uno squarcio simile non andiamo da nessuna parte e la tratta non è frequentata, non è commerciale. Al massimo ci passano i Grayskin.
- Porca puttana Winger, che cazzo ti prende oggi? Hai deciso di portare sfiga?
- Siamo nel cuore del Central, Trig, non è che ci appariranno alle spalle così, di punto in bianco.
- Mhhhh!
Non era convinto. Come tutti i piloti soffriva di una forte scaramanzia. Nella sua testa dovevano essere tipo le undici di sera, ma il c-pad sul comodino, sotto la pianta dono di Quinn, la raccontava diversamente.
- Resetta.
- Ah?
- Resetta e riprova.
- Ma non dovevo riposare?
- Non è da te schiantarti con questa frequenza. Non ti starò accanto se non sai più pilotare.
- ...
- Scherzavo. Dai, fa provare me.
- Non esiste. Tu sei una capra con la tecnologia, se lo spacchi poi chi la sente la Khan?
- Ma no che non lo spacco!
- Vedi di non far cazzate però eh.
- Massì massì.
Gli cedette di malavoglia la cloche wireless, e la proiezione si spostò leggermente per favorire a Trigger di vedere meglio. La classe era sempre quella: Firefly. A lui non piaceva, così Molly decise di cambiarla in una Wyoming. Nemmeno quello l'accontentava, così scorse tra le varie plance fino ad individuare quella di una Brigade. Lì, il vecchio sorrise e si mise a seguire il programma che lo portava a decollare in maniera standard. Lei lo guardava. La proiezione lo avvolgeva in bagliori un pochino tremolanti, ma reattivi sotto le dita che toccavano il nulla, eccetto la cloche. Rise quando l'oggetto che tenva in mano vibrò per la prima volta, stupendosi di quanto fosse verosimile il tutto. Era stanca. Tese le braccia davanti a sè e le mani tremavano come se fosse malata di nervi. Sospirando, si fece scivolare leggermente sotto le coperte, muovendo a fatica le gambe dolenti. Non c'era un muscolo che non le facesse male, ma sopportava, in silenzio, dato che il dolore è prerogativa di chi sia ancora in vita e sano, per quanto strano possa sembrare. Controllò di nuovo il c-pad. Contò le ore che la separavano dalla prima visita degli infermieri: quattro. E con quella avrebbe dovuto ingoiare tre diversi medicinali, di cui una pillola rossa davvero poco allettante e troppo grossa per i suoi gusti. Poi, a due ore di distanza, sarebbe arrivato Adrian a portarla in sala riabilitazione per la prima sessione giornaliera.
Adrian Roosvelt era un uomo adulto, oltre la quarantina, i tratti severi, gli occhi piccoli e chiari. A vederlo sembrava quasi marziale, questo per via del suo passato come soldato. Adesso lavorava all'ospedale di Capital City, si occupava della riabilitazione. Gli era stata assegnata la rediviva Molly Cox, non senza reticenze, giacchè la sua esperienza non era favorevole riguardo la procedura di rebirth, definita innaturale e dannosa. Ma era il suo lavoro e lo prendeva con grande serietà. Tenere testa al muso duro di Molly gli era costata non poca fatica, giacchè, per quanto pacifico, non era propriamente un tipo paziente. Un paio di volte finirono anche per scornarsi, ma la degente dovette abbassare la cresta quando, nel tentativo di incaponirsi e fare di testa propria, per poco non finì con il piantarsi un palo nel petto. Il fisioterapista l'acchiappò per la collottola e lei vide il palo dell'attrezzo ad un soffio dal proprio torace, esattamente dove sapeva, sotto la maglietta madida di sudore, che lì si trovava la cicatrice, il colpo mortale al cuore. Da quel momento, vedendosi mortalmente fragile e priva di difese concrete, vittima del mondo che la circondava, finì per non comportarsi più come la stupida ragazzina che le era stato detto di essere, e Roosvelt capì che in fondo non era stata lei a voler tornare, che era solo una manipolazione di chissà chi.
Trasalì. Trigger se la stava ridendo della grossa, avendo effettuato una tratta in cui lei finiva sempre per danneggiare irrimediabilmente la nave, senza un graffio e, addirittura, in minor tempo rispetto al previsto. Il suo risultato era lì che lampeggiava a colori sgargianti, quasi una luce a neon blu, impressa sui finti vetri della Brigade. Storse il naso, grugnendo in disapprovazione ma alla fine fu lui ad attirarne di nuovo l'attenzione.
- Guarda e impara, poppante.
- Mpf...
- Dahahahaha!
- Da qua...
- No, adesso dormi.
- Non ci riesco.
- Non mi dire che vuoi che ti racconti una favola, vero?
- Mh...
Ci stava seriamente pensando. Scivolò ancora sotto, adocchiando il c-pad. Un sospiro profondo e provò a chiudere gli occhi.
- Trig.
- Mh?
- Tell me a story.
- Che tipo di storia? Non chiedermi di rivangare le vecchie storie di me, tuo padre e tuo zio perchè te le ho raccontate talmente tanto spesso che...
- No. Voglio qualcosa di diverso stanotte. Qualcosa che mi faccia ricordare...
- A cosa?
- A quello che è successo.
- Winger, ascolta, non serve rivangare. A quanto hanno detto i medici è normale che non ricordi, quindi fare sforzi inutili non serve a niente, davvero.
- Don't care.
- Testa dura. Ok, allora decidi cosa vuoi.
Ci pensò a lungo. Lui nel frattempo spense il proiettore olografico che la Khan aveva fissato sul soffitto della stanza con il telecomando e ripose tutto nel cassetto del comodino su cui ancora erano brillanti e serrati i boccioli di rose rosse che le aveva portato lui: i miracoli della scienza. Rimuginò tanto, fissando la parete che tornava bianca, su cui gli occhi vedevano ancora i tracciati di quelle plance in cui era cresciuta, che aveva abbandonato per pochissimo tempo da quando aveva inseguito il sogno di diventare un pilota vero. Si massaggiò gli occhi pesanti, le palpebre gonfie. Sospirò cercando di stiracchiarsi, ma ogni movimento costava fatica e dolore. In un mugugno sofferto tornò a guardarlo. Cooter Jackson si era accomodato al suo fianco, con la poltrona comoda. Gli mancavano le sigarette e si vedeva da come giocherellava con una penna, tra le dita. Sorrise, aveva finalmente chiaro quello che desiderava da lui. Non si scompose più di tanto ma fece in modo di abbassare il letto, così da stare stesa. Per una notte aveva deciso che avrebbe riposato sul serio, come le aveva detto di fare Adrian, troppo evidente quanto passasse le nottate ad esercitarsi con i movimenti che le erano più familiari, necessari per pilotare le sue adorate navi. Aveva deciso, sì.
- Allora, Winger? Deciso?
- Yes...
- So?
- Tell me pirate stories...