venerdì 21 giugno 2013

Bullfinch, June 2515 - Part II

- Era il medico quello?

La voce di Trigger veniva da sopra. Lei stava nella stiva, a fissare una macchia che non riusciva a far andare via con le buone. La mente occupata a pensare a quali metodi drastici poteva approntare per il caso. Sollevò lo sguardo, cerchiato come ormai era abitudine vederle in viso. Mordecai Adler era uscita da una decina di minuti, seguita dal suo impeccabile doberman, una bestia talmente grande che le fece ghiacciare il sangue nelle vene alla sola vista. Il chimico aveva ragione, era estremamente particolare, ma la sua totale assenza di senso dell'umorismo e percezione del limite in un certo qual modo la rassicurava; diversamente da Ritter, il Dottor Adler era asettico, professionale, quasi una sorta di macchina, viva di una sola cosa: curiosità scientifica. Non scherzava, e se lo faceva, non faceva affatto ridere.

- Sì.
- Che dice?
- Ho un'infezione batterica. Secondo lei è quello che mi fa stare male più del solito, perchè gli innesti e i tessuti sintetici non stanno subendo rigetto e la cosa procede perfettamente.
- Ti ha dato qualcosa da prendere, immagino.
- Aye.

Sollevò il flacone, tenendolo tra pollice ed indice così che potesse vederlo. Il viso abbassato era tornato a guardare la macchia.

- Non è tutto, right?
- No, dice che devo diminuire gli antidolorifici.
- Non è una novità, lo sapevi anche prima.
- Sì, un conto è sapere le cose, un conto è...
- Farle. Pensi di non riuscire.
- Don't know if I don't try, I suppose.
- Right, well?
- Non lo so. Sinceramente ho troppe cose per la testa al momento.

Il vecchio pilota di Shijie scosse il capo. Prese a scendere le scalette, accompagnato dal rintocco quasi marziale del metallo sotto le suole degli scarponi da lavoro.

- Listen, winger, non puoi dannarti per le cose su cui non hai potere.
- Chi ti dice che non sia colpa mia?
- ... Non essere ridicola.
- L'ho abbandonato. Io ero una delle poche persone a cui dava retta, una delle poche a combattere per mettergli il sale in zucca e l'ho piantato in asso. Immagina se io fossi la coscienza di qualcuno, e decidessi di non fare più il mio ruolo di coscienza... non sono colpevole quanto lui?
- No. Tu non sei la coscienza di nessuno, Winger.
- Mh.
- Vuoi ancora andare da tua sorella?
- Aye, non posso di certo farla venire qui, è un rischio con i pattugliamenti Indipendentisti in Polaris. Preferisco andare io da lei.
- Hai già scelto la rotta?
- Aye, è un po' un dito al culo, ma dovrebbe essere sicura.

Lui scosse il capo, non era convinto, e lo si notava. Avanzò fino all'airlock principale, aprendolo in modo da potersi sedere e prendere a fumare con calma, senza fretta. L'accendino scintillò un paio di volte e poi il rosso bagliore delle braci da tabacco scuro, black mamba, probabilmente.

- Cosa c'è che non va?
- Niente.
- Yeah, right!
- E' solo che mi sento vecchio e inutile.
- Why?
- Tu te la cavi alla grande, e lì fuori imperversa ancora la lotta...
- E tu sei qui a badare a me.
- Mh...
- Vuoi tornare dai tuoi commilitoni?
- ...
- Se è quello che vuoi io di certo non ti fermerò, Trigger: you know that.
- I promised.
- Le promesse fatte ad un morto non valgono che qualche peso, my friend.
- ...
- Tu pensaci, okay? Accompagnami su Duankou, da lì prenderò un trasporto, tanto è fuori da Polaris, non dovrebbero esserci problemi. Tornerò il prima possibile e mi darai la tua risposta, mh?
- Winger I...
- Do we have a deal, Mr. Jackson?
- We have a deal, Miss Cox.

Si strinsero la mano. Lei sorrise, lieve, per poi ritirarsi e salire le scalette fino alla passerella, lentamente, senza fretta, ancora profondamente influenzata dall'assenza di sonno, dal dolore che persisteva, senza tregua, prosciugandone le energie. Raggiunse la cabina che ormai condivideva con Vergil, mandò un messaggio a Haggerty. Un bicchiere di bourbon liscio, a goccia, una pastiglia per annientare almeno per un paio d'ore le fitte e tenersi semplicemente l'indolenzimento, e poi chiude gli occhi.