- Era il medico
quello?
La voce di Trigger
veniva da sopra. Lei stava nella stiva, a fissare una macchia che non
riusciva a far andare via con le buone. La mente occupata a pensare a
quali metodi drastici poteva approntare per il caso. Sollevò lo
sguardo, cerchiato come ormai era abitudine vederle in viso. Mordecai
Adler era uscita da una decina di minuti, seguita dal suo
impeccabile doberman, una bestia talmente grande che le fece
ghiacciare il sangue nelle vene alla sola vista. Il chimico
aveva ragione, era estremamente particolare, ma la sua totale assenza
di senso dell'umorismo e percezione del limite in un certo qual modo
la rassicurava; diversamente da Ritter, il Dottor Adler
era asettico, professionale, quasi una sorta di macchina, viva di una
sola cosa: curiosità scientifica. Non scherzava, e se lo faceva, non
faceva affatto ridere.
- Sì.
- Che dice?
- Ho un'infezione
batterica. Secondo lei è quello che mi fa stare male più del
solito, perchè gli innesti e i tessuti sintetici non stanno subendo
rigetto e la cosa procede perfettamente.
- Ti ha dato qualcosa
da prendere, immagino.
- Aye.
Sollevò il flacone,
tenendolo tra pollice ed indice così che potesse vederlo. Il viso
abbassato era tornato a guardare la macchia.
- Non è tutto, right?
- No, dice che devo
diminuire gli antidolorifici.
- Non è una novità,
lo sapevi anche prima.
- Sì, un conto è
sapere le cose, un conto è...
- Farle. Pensi di non
riuscire.
- Don't know if I
don't try, I suppose.
- Right, well?
- Non lo so.
Sinceramente ho troppe cose per la testa al momento.
Il vecchio pilota di
Shijie scosse il capo. Prese a scendere le scalette,
accompagnato dal rintocco quasi marziale del metallo sotto le suole
degli scarponi da lavoro.
- Listen, winger, non
puoi dannarti per le cose su cui non hai potere.
- Chi ti dice che non
sia colpa mia?
- ... Non essere
ridicola.
- L'ho abbandonato. Io
ero una delle poche persone a cui dava retta, una delle poche a
combattere per mettergli il sale in zucca e l'ho piantato in asso.
Immagina se io fossi la coscienza di qualcuno, e decidessi di non
fare più il mio ruolo di coscienza... non sono colpevole quanto lui?
- No. Tu non sei la
coscienza di nessuno, Winger.
- Mh.
- Vuoi ancora andare
da tua sorella?
- Aye, non posso di
certo farla venire qui, è un rischio con i pattugliamenti
Indipendentisti in Polaris. Preferisco andare io da lei.
- Hai già scelto la
rotta?
- Aye, è un po' un
dito al culo, ma dovrebbe essere sicura.
Lui scosse il capo, non
era convinto, e lo si notava. Avanzò fino all'airlock principale,
aprendolo in modo da potersi sedere e prendere a fumare con calma,
senza fretta. L'accendino scintillò un paio di volte e poi il rosso
bagliore delle braci da tabacco scuro, black mamba, probabilmente.
- Cosa c'è che non
va?
- Niente.
- Yeah, right!
- E' solo che mi sento
vecchio e inutile.
- Why?
- Tu te la cavi alla
grande, e lì fuori imperversa ancora la lotta...
- E tu sei qui a
badare a me.
- Mh...
- Vuoi tornare dai
tuoi commilitoni?
- ...
- Se è quello che
vuoi io di certo non ti fermerò, Trigger: you know that.
- I promised.
- Le promesse fatte ad
un morto non valgono che qualche peso, my friend.
- ...
- Tu pensaci, okay?
Accompagnami su Duankou, da lì prenderò un trasporto, tanto è
fuori da Polaris, non dovrebbero esserci problemi. Tornerò il prima
possibile e mi darai la tua risposta, mh?
- Winger I...
- Do we have a deal,
Mr. Jackson?
- We have a deal, Miss
Cox.
Si strinsero la mano. Lei
sorrise, lieve, per poi ritirarsi e salire le scalette fino alla
passerella, lentamente, senza fretta, ancora profondamente
influenzata dall'assenza di sonno, dal dolore che persisteva, senza
tregua, prosciugandone le energie. Raggiunse la cabina che ormai
condivideva con Vergil, mandò un messaggio a Haggerty.
Un bicchiere di bourbon liscio, a goccia, una pastiglia per
annientare almeno per un paio d'ore le fitte e tenersi semplicemente
l'indolenzimento, e poi chiude gli occhi.