domenica 3 marzo 2013

Masters of war...


In casa non era concesso parlare di guerra. Era cominciata da nemmeno un paio di mesi e già il furore indipendentista si era insediato nell'animo focoso di Will. Quella che sarebbe stata materia di liti furibonde tra padre e zio, non era che una cosa all'apparenza remota che la sfiorava solo in minima parte. Molly aveva 17 anni. Era adulta abbastanza da capire che determinate cose non potevano lasciare le cose come stavano.
Un pomeriggio, qualche giorno dopo il proprio compleanno, aveva accompagnato Will in città. Una sosta al saloon e le cose già erano degenerate. Un piccolo capannello di facinorosi si era scaldato più del normale e ovviamente, William Cox non poteva stare lì in silenzio ad ascoltare. Era esplosa un discussione a tratti feroce, sulle ragioni della guerra d'indipendenza. Lei era seduta sul bancone, le sedie spostate a formare una sorta di assemblea attorno ad un piccolo palchetto improvvisato. C'erano tante facce che conosceva e non solo, praticamente tutte le famiglie di quella regione, chi con un rappresentante chi con più d'uno era lì a dire la propria, anche il reverendo McAllister era lì. Dusty e Trigger stavano per venire alle mani con uno dei Wong da oltre il fiume azzurro. In silenzio, da sotto il cappello dello zio, i suoi occhi chiari rimanevano assorti ad osservare il susseguirsi di improperi, di intimazioni, di minacce. Gente che cercava di far da pacere, altri che invece fomentavano. Era una bolgia, scomposta e disordinata, e più ascoltava meno comprendeva. Dal suo punto di vista, ognuno aveva una parte di ragione, così come c'era una parte di torto.

- Vuoi lasciare che ti tassino per l'acqua che prelievi dal fiume, Wong? O che ti levino le bestie che allevi perchè sono troppe per il terreno che hai? O che decida qualcuno di un altro sistema solare come devi vivere, è questo che mi stai dicendo?

Will non faceva altro che urlare più forte, soffocando qualsiasi tentativo da parte del piccolo cinese allevatore di bestiame di riuscire a parlare o dire la propria. Trigger era alle spalle del compare, trattenendolo per una spalla seppur continuasse ad incitare a “dirgliene quattro”.
I toni non variarono mai, continuarono ad alzarsi ed abbassarsi in maniera assolutamente imprevedibile, mostrando quanta confusione potesse regnare in fondo, oltre alla paura, nei cuori di tutti. C'erano adulti e bambini, vecchi stanchi, ragazzini scalmanati, ma ben poche donne. In realtà, l'unica che rimase dall'inizio alla fine era proprio lei. Ciondolava le gambe oltre il bordo del bancone su cui era stata piazzata a sedere dallo zio, reggendo un boccale ammezzato di birra allungata con la soda. Il tacco dello stivale sbatteva ritmicamente contro i pannelli di legno, scandendo il ritmo della discussione, seguendolo fino a che, al culmine dell'ennesimo ululato della folla, non si aprirono le porte del saloon.
La presenza di Jacob Cox incuteva un po' su chiunque lo stesso effetto. Non era un uomo cattivo, non era nemmeno uno di quelli che ti giudica, ma la madre diceva sempre che sarebbe stato un ottimo predicatore, perchè la folla, la massa, lo sta ad ascoltare. Lo stetson nero era calato sul viso spruzzato di barba sale e pepe, la mascella volitiva grattata dai polpastrelli ruvidi, mani grosse, capaci di guidare un aratro quanto di pilotare una nave spaziale. Il suono dei suoi stivali sancì un silenzio irreale, e lei sollevò lo sguardo a contemplare la figura immensa del proprio padre.
Ci misero una manciata di secondi a riprendere il filo dei pensieri:

- Jac, metti il sale in testa a tuo fratello, pretende che scendiamo tutti in guerra come se lui avesse di che rischiare più di noi.
- Ancora con questa storia? Checcazzo ti credi che non capisco quanto rischiamo tutti ad entrare in guerra? Ma qui si sta parlando di qualcosa di più grande di noi, sei sicuro di voler stare qui ad aspettare che ci schiaccino e che ci impongano come vivere senza cercare di fare niente per impedirlo?
Jacob non stava nemmeno ascoltando. Sollevò lo sguardo chiarissimo, duro come il ghiaccio a caccia del profilo della figlia. Lei era lì, immobile, ferma nella stessa posa di sempre, le bretelle a reggere i calzoni troppo larghi, la canottiera sporca di schizzi di fango, la camicia a scacchi rossa e bianca il cappello dello zio sulla selva di capelli arruffati.

- Winger, vieni a casa.
- … Papà?
- Jac, lasciala stare, è grande abbastanza per decidere dove andare.
- E' mia figlia, Will, quando ne avrai una tua potrai decidere come crescerla, al momento sono io a decidere per lei. Non ho nessuna intenzione di lasciarle vedere il peggio che puoi produrre in stronzate. Sia mai che ti pensi in qualche modo un eroe, quando invece altro non sei che un coglione.

La frase dell'uomo ghiacciò l'intera platea. Nelle retrovie Cole Jackson si era spinto sulle punte, indurito dalla reazione di Jacob, teso e pronto a ribattere qualora ci fosse la possibilità. Al momento però non era possibile, interferire sarebbe stato stupido e controproducente.

- Che hai detto scusa?
- Hai sentito benissimo.
- Cristo, il mio stesso fratello. Visto che ci sei perchè non vendi la nostra casa direttamente a qualche Corer del cazzo.
- Non essere stupido, Will, lo sai che non è questo quello che intendo.

Ci fu un attimo di silenzio, una voce giovane, per quanto già spezzata dalla pubertà ormai conquistata da un pezzo, dal fondo della sala si levò. Molly non dovette nemmeno voltare il capo per capire di chi si trattasse. Era Dean, secondigenito di Cooter Jackson.

- Scusi Mr. Cox, ma credevo che lei, insomma ci tenesse a Shijie.
- Se con questo, Dean, intendi preoccupato per la minaccia e per la situazione in generale... beh, sì, lo sono. Se credo che i pianeti del Rim debbano governarsi da soli? Sì, sono convinto che possano. E che debbano. Ma se mi chiedete se sono disposto a fare la guerra all'Alleanza,beh, allora la risposta è decisamente no. 

Trigger era in fermento, esplose, trattenuto a stento dai suoi figli:

- Gli Alleati avanzarono tre volte, annientano senza pietà ogni resistenza incontrino, con la forza delle armi, della tecnologia: questa è la misura della loro risolutezza. La guerra è l'unico modo! Dobbiamo andare, io dico di votare!
- Io ho una figlia, ho un lavoro a cui tenere fede, degli impegni, delle promesse fatte. Tu, Trigger, tu hai quattro figli e una moglie. Chi baderà a loro se vai in guerra?

Scoppiò un pandemonio, la gente si divise tra chi la vedeva come Jacob, chi invece era ormai determinato a scendere in guerra con tutti gli altri paesi, facendosi coinvolgere nelle fila degli indipendentisti, attirati dalla propaganda locale, da quei cappotti marroni che si facevano via via più vivi. Sempre più presenti

- Ascoltatemi bene! Questa guerra verrà combattuta non alle frontiere... o su qualche lontano campo di battaglia... bensì fra noi. Fra le nostre case. I nostri figli la impareranno con i loro occhi. E gli innocenti moriranno insieme con tutti noi. Io non combatterò! E poiché non intendo farlo non esprimerò un voto...
- E i tuoi principi, fratello?
- Sono un padre, William. Non mi concedo più il lusso dei principi. Winger, vieni.

Lei rimase in silenzio tutto il tempo, alternando l'attenzione viva e curiosa tra padre e amici, persone che aveva conosciuto tutta la vita, separati da un abisso di convinzioni su cui non poteva davvero mettere becco. Appoggiò il boccale, mentre la folla continuava a votare, lei ormai non sentiva più nulla. Nell'arco della discussione aveva visto invecchiare il proprio padre di almeno un paio d'anni, solo al pensiero di entrare in guerra, ma sapeva, vista la divisione dell'assemblea, che le sue parole erano state come un sasso in uno stagno. Stavano colando a picco e lentamente, dopo il primo scossone, la superficie stava tornando piana, ferma, stagnante. Con un saltello scese dal bancone, si sentì afferrare il polso, trovò gli occhi chiari di Cole ma gli prese le dita, scostandole in maniera docile, senza essere brusca.

- Devo andare, Swift.
- Con lui?
- E' mio padre, con chi dovrei stare?
- Con tuo zio, con me!
- Ne parliamo dopo, adesso non è il momento.
- Ma...
- Ho detto no.

No. La risolutezza del padre, almeno in certi momenti, affiorava come un'eredità pesante da gestire, ma utile, in determinati casi. Lui lo sapeva, che quel no, detto a quella maniera, non aveva scampo. Lei si spostò, riconsegnò il cappello allo zio e raggiunse il padre. Il furgone era fuori, Berta era seduta nel lato passeggero, leccava la sigaretta appena rollata. Una manona si alzò a salutarla e lei rispose con un cenno scostante del capo. Stava per salire di dietro, come suo solito, ma il padre, che si era impossessato del suo posto alla guida fu perentorio:

- Passa dietro, Berta, per favore, devo parlare con mia figlia.
- Aye boss.
- Winger, vieni davanti, per cortesia.

Non potè fare altro che raggiungerlo, infilandosi seduta storta sul sedile dalle molle danneggiate. Sospirò, odiava viaggiare davanti su quella bagnarola, ma almeno il finestrino era giù, era una bella giornata e poteva guardare il paesaggio.

- Winger, mi dispiace che tu abbia assistito a quella... cosa.
- Non fa niente papà.
- Che idea ti sei fatta?
- Non lo so.
- …
- Nel senso, da una parte tutti hanno ragione, dall'altra tutti hanno torto. E' troppo ingarbugliato.
- La guerra c'è, inutile nasconderlo. E probabilmente arriverà anche qui, sono sicuro, conoscendo quelli che stavano in quel locale adesso, che si arruoleranno tutti volontari nell'esercito indipendentista.
- Sì, i Browncoats, me lo diceva zio ieri.
- Esatto. Probabilmente tuo zio ti avrà anche detto che sono un codardo, vero?
- Bhè... diciamo che lui sapeva tu saresti contrario, ecco.

Lui rise, basso, annuendo leggermente. Si sfilò il cappello di capo e glielo pose in testa, mettendo in moto, con un colpo di mano sulla portiera avvisò Berta di reggersi forte mentre avviava il furgone lungo la strada polverosa. Nell'allontanarsi Molly voltò il capo a favore del saloon, da cui continuavano a venire le voci concitate e le ragioni o i torti di chi doveva dire la propria.

- Da chi avrai imparato ad essere così diplomatica, non lo so.
- Mi prendi in giro?
- Un po'. Senti, a prescindere da cosa Will pensi, a me importa quello che pensi tu. Io non scenderò in guerra, perchè è una guerra persa in partenza. Io rimango per occuparmi di chi rimane, per assicurarmi che quando tuo zio, a Dio piacendo, tornerà a casa avremo ancora un tetto sulla testa e una nave per lavorare. Perchè quello a cui non pensa tuo zio è che per pagare la sua battaglia dovrà fare cose che probabilmente non piaceranno nemmeno a lui.
- Capisco.
- L'Alleanza ha più mezzi, più fondi, più supporto. Sono meglio organizzati, meglio distribuiti, hanno le migliori tecnologie, sicuramente punteranno ai paesi del Border con le fabbriche, così che possano produrre armi più forti, tagliarle a noi, così come i rifornimenti. E questi sedicenti indipendentisti non so dove avranno i fondi, le forze, le armi per tenere testa all'Alleanza. Hai visto tu stessa il caos in quella sala, no? Immaginati tutte quelle teste calde su di un campo di battaglia.
- …
- Winger, qualsiasi cosa accada, vorrei che tu mi promettessi una cosa.
- Dimmi, pà.
- Vorrei che tu mi promettessi di non guardare mai alla guerra come ad uno strumento per qualcosa, ma ad una vessazione. La guerra non risolve le cose. E' un punto di rottura, non la via giusta per ottenere le cose.
- Non credo di capire.
- Temo che, quando la vedrai, capirai da te. Per il momento, voglio che tu mi prometta che, qualsiasi cosa accada, penserai sempre a quelli che rimangono indietro. Tu sai fare cose che servono sempre, specie quando c'è un'emergenza, ed è importante noi non lasciamo nessuno, indietro, piccola, mai, remember?
- Mh!
- Tuo zio andrà a proteggere casa nostra, ma probabilmente se ne andrà in qualche altro pianeta, e qualche altro soldato forse di Blackrock, forse di Shadetrack, verrà su Shijie a combattere una guerra che nessuno ha cercato davvero.
- Pà... come sai tante cose?

Lui rimase in silenzio, lei stava lì ad aspettare ma si rese conto che non avrebbe ottenuto risposta. Guardava la strada, fisso, la sua mente ancora lontana, concentrata sulla consapevolezza di cosa stava succedendo in città. Di lì a poco sarebbero partiti tutti, uno ad uno. Di lì a poco sarebbe successo di tutto, morti su morti, un pianeta distrutto, devastato.

- Te lo prometto
- Grazie.

No, non arrivò nessuna risposta alla sua domanda, non serviva. C'era l'aria pesante, pesantissima. E quella sera, da casa, si sentiva la voce dei cori che si alzavano. Cantavano canzoni di guerra. Canzoni di disgusto, contro quello che stava per accadere, contro chi aveva causato tutto il fermento, mentre ogni casa salutava i propri uomini, figli, fratelli che preparavano le borse per andare lontano, troppo lontano.


Come you masters of war
You that build the big guns
You that build the death planes
You that build all the bombs
You that hide behind walls
You that hide behind desks
I just want you to know
I can see through your masks.
 
You that never done nothin'
But build to destroy
You play with my world
Like it's your little toy
You put a gun in my hand
And you hide from my eyes
And you turn and run farther
When the fast bullets fly.
 
Like Judas of old
You lie and deceive
A world war can be won
You want me to believe
But I see through your eyes
And I see through your brain
Like I see through the water
That runs down my drain.
 
You fasten all the triggers
For the others to fire
Then you set back and watch
When the death count gets higher
You hide in your mansion'
As young people's blood
Flows out of their bodies
And is buried in the mud.
 
You've thrown the worst fear
That can ever be hurled
Fear to bring children
Into the world
For threatening my baby
Unborn and unnamed
You ain't worth the blood
That runs in your veins.
 
How much do I know
To talk out of turn
You might say that I'm young
You might say I'm unlearned
But there's one thing I know
Though I'm younger than you
That even Jesus would never
Forgive what you do.
 
Let me ask you one question
Is your money that good
Will it buy you forgiveness
Do you think that it could
I think you will find
When your death takes its toll
All the money you made
Will never buy back your soul.
 
And I hope that you die
And your death'll come soon
I will follow your casket
In the pale afternoon
And I'll watch while you're lowered
Down to your deathbed
And I'll stand over your grave
'Til I'm sure that you're dead.