sabato 10 agosto 2013

Bullfinch, August 2515 - Part II

Passare nell'ufficio dello Sheriffo non era servito a nulla. Jack Rooster non si trovava da nessuna parte e il tempo per lei aveva cominciato a scorrere come gli ultimi granelli di una clessidra destinata ad esaurirsi rapidamente. Risolse quindi di scrivere a Wright, richiedendo il permesso di visitare il detenuto. Si era convinta a fare quel passo, per i propri sonni e la propria tranquillità, nonostante Trigger le avesse ripetuto che non le sarebbe servito a nulla. 
La firma sui documenti l'aveva messa ormai talmente tante volte - tra l'altro proprio a causa sua - che non guardava nè leggeva più, semplicemente scriveva e tanti saluti. Via le armi, via il c-pad, lo stetson, solo quel poco che aveva addosso e le pillole, perchè le servivano. Lui non se l'aspettava. Quando la vide comparire non fece fatica a notare l'assoluto incredulo stupore che gli macchiava il viso, mentre lei guardava i suoi capelli lunghi: non glieli hanno tagliati. 
I secondini allarmati non erano difficili da placare, bastava far scorrere quella porta chiusa. Lui, il suo abbraccio. Non riusciva a ricambiarlo in nessun modo, provava solo un profondo senso di inadeguatezza. Era pesante, pesantissimo contro il cuore. Una stretta solida, incapace anche solo di far battere il cuore senza sentire dolore, per non parlare del respiro. La chiamava per nome, e lei si ritrovò a chiamarlo con il suo. Per la prima volta, niente Geibì, niente Joe, ma Dragan. Doveva parlargli. Doveva capire se poteva ancora fidarsi di lui, se tutto era perduto. L'uomo che vedeva davanti a sè sembrava in tutto e per tutto quel fratello che aveva amato fino a stare male. Eppure, il nodo di quello che aveva fatto ad Anya le stringeva la gola, rendendola meno partecipe, più scettica, fredda. L'espressione sul suo viso a mano a mano che lei dipanava i suoi dubbi virava, dall'incredulità allo sconcerto, fino a veder sorgere i primi accenni di rabbia. Le accuse volavano, e ancora una volta tornava a galla la colpa.

- Chiedi a lei perchè dopo averle salvato la vita quella STRONZA MI HA DENUNCIATO!
- Forse perchè hai ucciso i suoi uomini, Dragan. Cristo santo hai idea di che morte di merda sia? Morire soffocati spersi nello spazio? Jesus Christ!
- E' stato un incidente, abbiamo mandato un segnale dovevano essere raccolti, eravamo vicini a Tauron, non doveva finire così! Non ho avuto scelta, io l'ho protetta, non sapevo che fosse su quella nave, appena l'ho vista ho pensato di prenderla per la sua sicurezza! Non hai idea di che significa vivere con la possibilità di venire pugnalato alle spalle dai tuoi uomini, se non dai loro quello che vogliono.

In fondo al proprio cuore sperava davvero che fosse così. In fondo al proprio cuore non riusciva davvero a capacitarsi di una scelta così crudele. Poi però le sorgeva spontaneo sputare la verità:

- Bullshit! Potevi assaltare la fottuta nave, prendere il carico e tagliare la corda senza toccare nessuno. E che cazzo significa che non hai avuto scelta? Che razza di comandante si fa minacciare daisuo equipaggio?
- Se vuoi fedeltà devi guadagnartela.


Non ci poteva credere. La spalla era un vero fastidio crescente e quando alla fine le venne istintivo di chiedere se poteva ancora fidarsi di lui o se doveva aspettarsi da un giorno all'altro di essere venduta assieme al proprio uomo e alla propria famiglia per qualche spicciolo, vide in lui la delusione farsi lampante, al punto da far male. Però doveva chiederlo, doveva sapere e ottenere la risposta in parte le fece bene, in parte però non la convinse. Non gli aveva detto nulla di Red. Aveva taciuto e non sapeva nemmeno perchè. Lui era abbattuto, e lei si sentì in dovere di allungarsi, stringerlo, abbracciarlo, perchè in fondo era pur sempre suo fratello. Imperfetto, sbagliato, contorto, ma pur sempre suo fratello. Gli confessò a fil di voce che era contenta che fossein galera, perchè almeno lo sapeva al sicuro, ma luile confermò che non ci sapeva stare a lungo al sicuro e quella cosa la smosse nel profondo, al punto da farla sentire di nuovo pesante e colpevole. Separarsi fu più difficile di quanto non aveva pensato. Allontanarsi da quella cella aveva lasciato un sapore amaro in bocca. Raccolte le sue cose, altro non aveva fatto che tornarare al suo alloggio.

- Com'è andata?
- Ben- What the hell?
- Speravo in una reazione diversa, ma mi aspettavo proprio questa.
- Che diavolo ci fai qui, tu?
- Indovina?
- Ti avevo detto che volevo fare questa cosa da sola!
- Why?
- Perchè non voglio costringerti a tornare su Shijie. L'ultima volta è stata pesante e con quello che sta succedendo, con Phoenix nella posizione attuale pensavo che tu...
- Pensavi male, io voglio venire con te e fare questa cosa. Quello che penso io o che provo io non conta?
- Ma...
- Answer me.
- Sì che conta, certo che conta io... dah.
- E allora è deciso, basta. Verrò a Shijie con te e seppelliremo tuo padre.

Non era felice, ma qualcosa l'aveva già smossa, cercando di spingerla contro di lui. Lui che contro ogni sua indicazione aveva deciso di raggiungerla e che adesso la stava stringendo, in un abbraccio rassicurante, di quelli che le permetteva di sentirsi al sicuro, ancora una volta, come solo con lui era stata davvero. Le venne in mente come ogni volta che scendeva con lui, all'inferno, tra piombo rovente, granate e proiettili, tornava a casa senza mai in graffio e pronta a rattoppare ognuno di loro. Vergil ancora al suo fianco, il suo sostegno, la sua forza.