sabato 9 novembre 2013

It's only a dream... only a dream...

Le tre del mattino in quel di Timisoara.
Molly Cox è seduta sul suo lato del letto, nella cabina del Capitano. Quelle poche volte che non devono separarsi, approfittano entrambi della possibilità di stare assieme, nello stesso letto che condividono da ormai una vita, senza rimpianti. Ansima, il respiro è corto, le mani premute contro il petto, con la spalla che pulsa di un dolore cocente, sordo. Gli occhi sgranati non mettono a fuoco, è buio. Vergil dorme profondamente al suo fianco, aggrovigliato nelle lenzuola.
Ancora quel sogno. Ancora una volta lo stesso sogno.
Da quando hanno subito un'intossicazione da spore allucinogene non riesce a dormire sonni sereni, a meno di sfruttare rimedi di natura chimica.
Le dita tremano, passando il viso madido di sudore, poi corrono al comodino, a recuperare il flacone. Trema troppo, non riesce a versare le pastiglie senza spargerle sulle lenzuola. E' un coacervo di sensazioni quello che le risale fino alla bocca: ha il sapore acido della paura, dell'angoscia.
Quella maledetta allucinazione la segue costantemente, si annida nei recessi scuri della sua mente, aspettando l'attimo di debolezza, di distrazione, per attaccare. Per azzannarle la coscienza e sbrindellare le difese, lasciandola annichilita ed impaurita a piangere lacrime amare. E la spalla non aiuta. Da quando ha avuto quella stranissima visione, scene si sovrappongono, alimentate da una paura di fondo. La notte prima era Dragan, quella successiva Electra, quella dopo ancora sono fantasmi di un passato ormai morto e sepolto. Poi la sagoma senza volto, quella bestia inumana che le strappa la carne a morsi e se ne ciba, lasciandolaa morire dissanguata in preda al dolore. E la spalla non aiuta. Quel bambino macabro dagli occhi rossi, quella nenia melensa che si appiccica al palato, la sensazione disgustosamente dolce che invade ancora le papille, trascinando i sensi in una spirale cupa, alimentata dall'inconscio. E si trova a chiedersi, ogni notte, se quello che sogna non è davvero successo. Se quello che rivive, notte dopo notte, è semplicemente il momento in cui è morta. Scuote la testa, non può essere, sa che non può essere. Quella parte della sua vita è un buco nero privo di contorni, una fetta di vita succhiata dalla morte, come pegno per permettere all'anima di tornare a calcare la terra, da viva. Il cuscino adesso fa troppa paura, la chiama, così come il corpo stesso invita al riposo, provato dall'assenza di sonno, eppure quello spavento non si lava via con una passata di lenzuolo sul sudore freddo. Slancia le gambe oltre il letto, barcolla in piedi prima di afferrare i jeans e scivolare fuori dalla cabina, buttandosi addosso un maglione che le è troppo largo e non le appartiene. L'odore aiuta. L'odore che non è il proprio, quello acre del terrore, l'odore pungente maschile le riempie le narici e assesta la mente su toni più morbidi, dandole un senso di protezione, di sicurezza in più, che è tutto mentale. Passa in cambusa, cerca il caffè. Ormai con la guerra e l'Aelia, il caffè è un lusso che non si possono permettere, ripiegando su di un surrogato acquistatoal bazar di Hall Point, qualcosa di vagamente rassomigliante, ma privo della rotondità e del sapore deciso che ha il vero caffè, quello di Bullfinch. Le istruzioni dicono un cucchiaio, ma la necessità ne richiede almeno il triplo. Forte, abbastanza forte da farle sgranare gli occhi e farla tossire un paio di volte. Scalza si aggira per la zona condivisa, ascoltando i rumori dall'esterno. Si affaccia dall'airlock. I movimenti sono vivi, nonostante sia notte fonda: una ronda di passaggio, soldati che chiacchierano, la vita scandita con una regolarità quasi da galera. Si immerge nella sickbay, osservando l'ordine delle cose. Lo sguardo si fissa sul deck, appoggiato su di una superficie piana. Lo fissa e ha la fortissima tentazione di chiamare sua sorella. Ci metterà molto, moltissimo, a decidresi, ma alla fine è sempre la scelta migliore da fare. Ogni volta che percepisce il seme della paura annidarsi in petto, lei è la luce. Vedere lei le ricorda che sono ancora vive. Che vivono, con passione, con ardore. Non sopravvivono a stento, ma succhiano ogni attimo di vita come fosse l'ultimo, proprio perchè... loro due l'ultimo respiro lo hanno condiviso assieme.
In fondo, si tratta solo di un sogno, e quella altro non è stata che un'allucinazione: nessun bambino, nessun mostro, nessun dolore... no, purtroppo quello rimane, sempre e comunque, ad abbattere i pensieri.