sabato 30 marzo 2013

Troubles loves me...


“Ogni cosa che ci accade è conseguenza diretta di quello che facciamo.”

Era un pensiero che le batteva nel cervello, mentre stava seduta a guardare il vuoto e le stelle attorno a lei. Era in plancia, Trigger a riposare dato che il viaggio non sarebbe stato dei più semplici. Non poteva fare a meno di pensare a quel relitto, a quella nave che probabilmente l'aveva attaccata e che l'aveva razziata. Un brivido continuava a scorrerle lungo la schiena, e a galla tornavano le vecchie leggente, i dubbi che bussavano prepotentemente nel retro del cranio, chiedendo di entrare e radicarsi, assieme alla paura. Ma non poteva permettersi di avere paura. La situazione non lo consentiva. Eppure, quando aveva caricato i ragazzi del Ranch, mai si sarebbe immaginata che sarebbe precipitato tutto in un caos senza controllo.

La partenza da Greenfield non era stata guastata da nulla. Solo l'arrivo in Polaris aveva dato i primi segnali di qualcosa che non andava. La carcassa di un Evolution Refit galleggiava nello spazio senza più controllo, morta, come un tronco spezzato e marcio che galleggia in un fiume in piena, trasportato dalla corrente. Probabilmente avrebbe dovuto lasciar perdere, perchè in fondo i sensori avevano assicurato che non c'era nessuno a bordo da salvare, ma la curiosità di capire a volte ha la meglio sulla ragionevolezza. Trigger insisteva affinchè salissero a bordo per controllare e vedere se si poteva raccogliere qualcosa di utile, parti di ricambio, razziare, insomma. Non dimenticherà facilmente lo squarcio sulla fiancata, la lamiera divelta permetteva di vedere la zona passeggeri, uno spettacolo raccapricciante, perchè di buchi nello scafo ne aveva visti, ma mai di quel tipo. Non poteva abbandonare la plancia. Il refit aveva preso una rotazione costante e lei doveva adeguare l'andamento della Monkey a quella del relitto, per permettere a Myar ed Alan di salire a bordo. Le descrizioni non facevano altro che peggiorare la situazione: nessun cadavere, solo sangue, tanto, al punto da indicare che forse vi era stata una colluttazione. I livelli di radiazioni erano anomali, troppo, e la cosa la spinse ad optare per abbandonare le barre di combustibile dalla griglia di contenimento e far risalire meccanico e medico a bordo. La voce di Philip, in sala macchine, le rimbombava nella testa “Marauders”. Non potevano essere. Eppure quella rotta, lei ne era certa, era sicura. Non potevano sapere da quanto tempo fosse alla deriva, ma la presenza di quella nave l'aveva spinta a cambiare drasticamente i piani e cercare qualcosa di sicuro, ancora una volta. Arrivare su Tauron era stato un sollievo, ma non sarebbe durato.

I cavalli dovevano essere contrattati, non erano ancora stati acquisiti e lei avrebbe dovuto stare con Philip e gli altri sul pianeta. Non le dispiaceva. Ma poi accedde l'impensabile. Elizabeth coinvolta in una sparatoria al Crazy, non come vittima, ma come parte in causa, attiva. Non riusciva davvero a capacitarsene. Poi quella notizia, Sterling e Ritter, arrestati assieme. Un colpo netto al cuore, un dolore difficilmente descrivibile che la costrinse ad attingere ad una dose più alta di farmaci per alleviare la sensazione di soffocamento e preoccupazione. Cecilia. I sogni infestati dalla piccola. Non che dubitasse fosse al sicuro, ma... doveva stare con loro, crescere con loro, non come è accaduto a lei. Quello valse abbastanza da potersi sentire in dovere di agire. Non poteva stare con le mani in mano, eppure aveva un lavoro da portare a termine. Le notti si erano fatte angoscianti, il sonno non veniva e se veniva era solamente indotto. La tensione le faceva salire le palpitazioni, l'ansia, l'angoscia. Si era sentita così solo un'altra volta: quando Vergil decise di costituirsi. Nella sua cabina rimaneva a fissare il soffitto in silenzio, rimuginando e ragionando sul come poterli aiutare. Non tanto per Ritter, ma Sterling, le sue accuse erano gravissime, lo sapeva. Doveva esserci qualcosa che avrebbe potuto fare, ma ogni piano escogitato finiva rovinosamente per portare agli scenari peggiori mai pensati. Rigirarsi nella branda non serviva a nulla, così passava le nottate in plancia, a fissare fuori: Tauron. Ormai quel pianeta le sembrava irrimediabilmente piccolo.

- Devo fare qualcosa, Trig.

- E cosa vorresti fare? Sono in galera, vorresti entrare, bussare, chiedere per favore se li rilasciano perchè altrimenti non dormi la notte?

- ... Non essere ridicolo.

- E allora? Non c'è modo che tu possa cavarli fuori da lì da sola, Winger, rassegnati.

- Ci deve essere un modo!

- Ci fosse stato, ragazza, l'avresti trovato con Neville. Ma a prescindere, se li tiri fuori di galera che cambia? Tornano a fare i fuggiaschi, tornano a vivere una vita nascosti.

- Bhè ma se si devono nascondere almeno possono farlo con la bambina. Andarsene in un fottuto buco pacifico e farsi una cazzo di vita assieme, maledizione!

- Non sei tu a decidere delle loro vite, Winger, chi ti credi di essere?

- ...

- Appunto. So che sei preoccupata per Cecilia, ma non ce n'è motivo.

- Voglio solo che non cresca come me...

- Che ci sarebbe di male? Guardati. Ti fai in quattro per chi ami, cerchi di sollevare chiunque navighi nella merda, che sia un criminale o meno non ti importa, sei un pilota fottutamente capace. Winger, non hai niente che non vada. E se anche quelli che ti hanno cresciuto non erano i tuoi genitori, non significa che abbiano fatto un pessimo lavoro, anzi... stai offendendo la memoria di tuo zio e mancando di rispetto alle fatiche di tuo padre.

- ...

- Vai a dormire.

- Non ci riesco.

- E allora rimani in silenzio, perchè in queste condizioni stai sparando solo cazzate.

Sigillò le labbra, ricacciando il nodo in gola, il fastidio, la frustrazione e le lacrime che salivano e bruciavano dietro gli occhi, senza mai affacciarsi. Non aveva toccato alcol, il che rendeva la situazione ancora più grave. Ma era destinata a peggiorare.

Arrivò. Quel maledetto messaggio arrivò diritto. “Help me”. Suo fratello aveva bisogno di lei, la sua famiglia aveva bisogno di lei e non potè dire di no, e non avrebbe nemmeno voluto. Vergil inventò una scusa: amici dall'altro lato del pianeta. E poi salparono. Il senso di colpa per aver mentito a Philip lo ingoiò un pezzo alla volta, amarissimo. A quel ragazzo non avrebbe mai voluto dire una bugia, seppur l'avesse già fatto con la storia del Rebirth, ma in fondo, doveva proteggere anche lui. Puntò diritta a Safeport, raccolse il fratello e poi si diresse con la Monkey verso lo Skyplex di Duankou. Raccolsero Hogs e Thorvald. Ormai erano in ballo. Black come al solito non usava il cervello, agiva d'istinto e per una volta non potè dirgli nulla. Era precipitato tutto. Kat, Rinoa e Fenix mancavano all'appello. Lui doveva correre a cercarli, ma sarebbe stata una corsa vana.

Arrestati, anche loro. Metà dell'equipaggio del fratello era dietro le sbarre, ma soprattutto, metà della sua anima era in gatta buia. Era una situazione disperata. E disperato era anche il piano che si sentì spiegare da Neville. Assurdo. Non poteva né voleva crederci.

Era tutto assurdo, ormai fuori controllo. Aileen che le scriveva con richieste fuori dalla grazia di dio a cui avrebbe detto di no, se non ci fosse stato un motivo più profondo dietro a tutto. Un chimico chiuso in una cabina, un chiacchierone con la lingua lunga troppo attaccato alla propria pellaccia, la cui unica colpa era stata quella di farsi spedire sulla lattina volante e finire nelle grinfie paranoiche della rossa. Vivevano in una situazione ormai degenerata fino all'impossibile e lei, lei, continuava a cercar di salvare capra e cavoli. Doveva parlare con Black, doveva cercare di fargli entrare nella zucca che il piano era fallimentare, doveva cercare di salvare Huck da una fine ingrata, salvare la nave, Neville, Ritter, Sterling, Rin, Kat, Fenix, Joe, Cecilia... a qualunque costo. Sapeva che rischiava di fallire miseramente, ma sarebbe stato peggio non tentare in primo luogo. Aveva deciso di smettere di vivere di rimpianti, aveva deciso di agire, a modo proprio. Loro avevano bisogno, e lei ci sarebbe stata, no matter what.

Ormai era in ballo, non si sarebbe tirata indietro. Aveva un muro davanti, un muro impenetrabile, eppure doveva avanzare, a testa bassa, spezzare la barriera e andare avanti fino all'altra parte, qualsiasi cosa celasse. Non sentiva nemmeno più la voglia di scappare, di nascondersi. Sapeva che era un rischio, ma doveva correrlo, o non si sarebbe mai più guardata allo specchio. La sua determinazione però non rendeva la scelta più semplice, anzi. Però, lo aveva sempre detto: nessuno viene lasciato indietro. Nessuna pace per i cattivi, mai. No peace for the wicked. Peccato che non si ritenesse affatto cattiva. Ormai ne era certa, i problemi l'amavano...


Trouble loves me 
Trouble needs me 
Two things 
More than you do 
Or would attempt to 
So, console me 
Otherwise, hold me 
Just when it seems like 
Everything's evened out 
And the balance 
Seems serene 

Trouble loves me 
Walks beside me 
To chide me 
Not to guide me 
It's still much more 
Than you'll do 
So, console me 
Otherwise, hold me 
Just when it seems like 
Everything's evened out 
And the balance seems serene 
See the fool I'll be 
Still running 'round 
On the flesh rampage 
Still running 'round 


Ready with ready-wit 
Still running 'round 
On the flesh rampage 
- at your age ! 
Go to soho, oh 
Go to waste in 
The wrong arms 
Still running 'round 
Trouble loves me 
Seeks and finds me 
To charlatanize me 
Which is only 
As it should be 
Oh, please fulfill me 
Otherwise, kill me 


Show me a barrel and watch me scrape it 
Faced with the music, as always I'll face it 
In the half-light 
So english, frowning 
Then at midnight i 
Can't get you out of my head 
A disenchanted taste 
Still running 'round 
A disenchanted taste 
Still running 'round