Qualcosa sbatteva contro la finestra della sua camera. Ritmico,
regolare, scandito di tanto in tanto da un leggerissimo fischio,
abbastanza fastidioso da penetrare nella coltre morbida dei sogni. Era
notte fonda, la luna piena. Aveva quattordici anni e un sacco di sonno
sulle spalle. Si alzò, addosso quella stupida camicia da notte di
flanella, perchè se no prendeva freddo, dicevano loro. A lei faceva
cagare. Non capiva perchè non poteva dormire come loro. In piedi,
accanto al letto, si guardava attorno. Il rintocco contro il vetro. Le
ombre erano lunghe, la luce della luna penetrava debolmente dal vetro
spesso. Il pavimento era dannatamente freddo. Spostò i passi,
ciondolando, fino a raggiungere la finestra. Vi si appoggiò, tirandola
stancamente verso l'alto. Era a ghigliottina e si assicurò di bloccarla
per bene prima di sporgersi, o rischiava di tagliarsi la testa nella
maniera più stupida.
- Psssst. Wing!
- Mh?
- Ehi! Wing, sono io. Scendi.
- Al diavolo Cole, sai che ore sono?
- Su, non fare la cagasotto, Wing. Scendi, ho la moto.
Cole Jackson era una
ragazzo decisamente poco incline alle regole. Per colpa sua era stata
messa in castigo ormai non ricordava più quante volte, mentre lui la
passava sempre liscia. Si era ripromessa mille volte di non avere più a
che fare con lui, ma puntualmente se lo ritrovava sotto la finestra, di
notte, con le sue maledette proposte allettanti. In fondo, si ha
quattordici anni una volta sola, no?
- Mi vesto.
- Muoviti! Ehi.
- Cosa?
- Belle le treccine.
- 'fanculo!
- E' questo che ti insegnano dai preti.
- Mpf! Smettila di farmi perdere tempo.
- E tu smettila di starmi appresso.
Erano battibecchi simili a convincere Mary-Ann Jackson che quei ragazzi erano fatti l'uno per l'altra. Molly
scappò dentro, infilando la testa nell'armadio nè estrasse i pantaloni e
la camicia. Si infilò tutto seduta sul pavimento, attenta a non fare
troppo casino. Rubò gli stivali e se li caricò in una sacca a tracolla,
per evitare di svegliare tutta casa con il rintoccare dei tacchi sulle
assi di legno. Slanciò una gamba fuori dalla finestra, posando i piedi
scalzi sul tetto sotto. Il portico copriva l'ingresso della casa, dodici
passi a sinistra e c'era la grondaia. Da lì era semplice
scendere e poi gli ultimi metri l'aiutava sempre lui, afferrando la
sacca con gli stivali, fino a che lei non atterrava di nuovo, piedi
uniti, sul terreno umido della notte. La moto non era ovviamente nei
paraggi. Dovevano correre per almeno un miglio, prima di potersi
ritenere davvero al sicuro. Era sempre una corsa perdifiato, con lui che
incitava costantemente a muoversi, a non fare la pelandrona.
Notte fonda, le corse spericolate
tra le valli e i campi, fino ai fiumi, in cui tuffarsi o essere spinti,
in cui giocare, scherzare, nuotare e finire per trovarsi vicini e
tremanti, con quei pochi vestiti addosso e gli ormoni decisamente a
mille.
Aveva sempre uno strano sapore, ma
non era cattivo. Per quanto sapesse che, una volta fuori di lì, le
avrebbe prese di santa ragione e sarebbe finita di nuovo confinata, non
poteva resistere.
- Che farai?
- Che intendi?
- Quando lo scopriranno.
- Quello che faccio sempre.
- Incassa e taci?
- Sì.
- Perchè? In fondo non facciamo niente di male.
- Perchè è mio padre, Cole.
- E allora? Non sarai la sua bambina per sempre, prima o poi dovrà mettersi l'animo in pace.
- Tu non gli piaci.
- Lo so, per questo è divertente.
- Non capisci.
- Lo so Winger, lo so. Voi siete uniti. Ha solo te. E' la solita vecchia storia ma a me non ci pensi?
- A te? Hai Demi, e Ronda, e Dean.
- Ma... loro sono i miei fratelli, Winger!
- Non ti seguo.
- Io parlo di una donna.
- AHAHAHHAHAHAHAHAHA!
- Ridi?
- Ma dai. Hai sedici anni, che ti frega di avere una donna? Non dovresti pensare a diventare un uomo, prima?
- E' quello che voglio.
- ...
- Winger, facciamolo.
- E' uno scherzo? Se è uno scherzo guarda che non è affatto...
Non era uno scherzo. Cole era dannatamente serio e lei. Bhè, lei si ritrovò ad essere in un grosso, grossissimo guaio. Però, a pensarci bene. Era un guaio decisamente piacevole, almeno a tratti. Altri era doloroso però tutto si placava quando quell'idiota di un Jackson finiva per bisbigliarle quella piccola parola di tre lettere che le faceva palpitare il cuore. Un'ammissione di colpevolezza.