martedì 13 agosto 2013

Bullfinch, August 2515 - Part III



La porta dei bagno era stata lasciata aperta, con l’agitazione che provava ancora in corpo si sarebbe sentita soffocare se l’avesse chiusa. La mano destra era infilata sotto l’acqua corrente, la luce era accesa e le ronzava nelle orecchie con gli ultimi strasichi di vitalità. Da qualche parte sapeva che avrebbe dovuto cambiarla perchè presto o tardi li avrebbe mollati al buio e sarebbe stato spiacevole. La lastra sottile di specchio davanti a lei erano occhi che la scrutavano dentro e fuori, trapassandola senza alcuna pietà. La mano le faceva male, la spalla era indolenzita e la schiena era anche peggio. La canottiera le stava larga sul torace messo in evidenza dalla pelle tesa, la sinistra era poggiata sul bordo di metallo del lavandino, sorreggendola. I capelli umidi si appiccicavano ai lati del viso, accentuando l’aspetto smunto e slavato.

- Ehi

Trasalì, nonostante, sollevando lo sguardo, potesse inquadrare la figura di Vergil nello specchio, sulla porta alle sue spalle.

- Ehi
- Tutto bene?
- Sì, siamo pronti per partire?
- Lo eravamo un bel po’ di tempo fa.
- Mh.

Non lo stava più ascoltando e lui lo sapeva. La stava guardando attraverso lo specchio e aveva visto la sua pupilla dilatarsi fino a perdere di fuoco, non era più scrutato di riflesso tra le ciocche chiare, per cui il Capitano si staccò dalla porta e la raggiunse alle spalle, sfiorandogliele con le mani.

- Che hai combinato?
- Nothing.
- Right.
- ...
- Molly...?

Lei chiuse gli occhi, scivolando leggermente all’indietro, fino ad incontrarlo, appoggiarsi e trovare sostegno. Lui altro non fece che assecondarla, rimanendo immobile, come tante altre volte aveva fatto, stabile, solido, solo per lei. Eppure lei non parlava, come suo solito, ostinatamente chiusa in un silenzio dolente.

- Che hai fatto alla mano?
- Ho dato un pugno ad un mulo cocciuto e coriaceo.

La rivelazione gli fece sollevare un sopracciglio. Ci rimase un po’ perplesso, ma poi alla fine colse la vena sottilmente ironica, appena percettibile, nella voce della sua pilota.

- Il mulo sarebbe...?
- Rooster.
- Ah. Hai preso a pugni Jack Rooster?
- Aye, sarebbe più giusto dire che Jack Rooster si è fatta prendere dal mio pugno.
- Roba dura contro cui scontrarsi.
- Damn right, she is...
- Fammi indovinare… ti ha dato della codarda.
- Aye.
- E tu ti sei risentita.
- Well... in parte. In fondo non ha tutti i torti, no?
- Lei non sa, come stanno le cose, Molly.
- Aye... ma se tu fossi nei suoi panni, non la penseresti alla stessa maniera?
- Naye.  
- Really?

Si voltò lentamente nel suo abbraccio, sollevando lo sguardo per guardarlo diritto in viso. Si pulì le dita dall’acqua sulla sua camicia, senza rifletterci nemmeno troppo, strappandogli un accenno di sorriso, divertito, mentre provava a fasciarle le spalle con il braccio.

- Really. Sei ancora troppo scossa.
- Questo non è vero.
- Ah no?
- No.
- Hai sepolto i fantasmi?
- Certo!
- Davvero?
- Davvero!
- Molly...
- Cosa?
- Almeno guardami in viso mentre mi menti, sei più credibile.
- Dah, ti odio quando mi fai la paternale. Se volevo un padre mi tenevo il mio...
- ...

Calò il silenzio, lei si era sciolta con una certa facilità dalla presa morbida del Capitano. Lui la guardava, mentre Molly era tornata ad appoggiarsi di sedere al lavandino, passandosi la mano sotto al naso, tirando su leggermente.

- Quando partiamo?
- Quando te la senti.
- Now.
- Now is not the time.
- Ma me la sento adesso.
- Te la senti perchè hai solo voglia di scappare e pensi che lasciando Bullfinch e tornando su Richleaf ti sarà più facile scambiare una fonte di pensieri con un’altra, ma tanto lo sai che non è così.
- Se andiamo su Richleaf è perchè ho delle cose in sospeso lì e perchè me l’ha chiesto mia sorella, Vergil, non di certo per scappare, se volevo scappare me ne andavo all’altro capo del ‘Verse, don’t you think?
- C’è scappare e scappare.
- Bullshit.
- Come vuoi, tanto lo sai che starò sempre a raccoglierti.
- Non c’è bisogno che mi raccogli, okay?!?
- Se lo dici tu. Torno di là, cerca di non consumare tutta l’acqua prima ancora di partire.
- Mpf...

L’acqua stava ancora scorrendo, nel lavandino del bagno della Monkey Wrench. Si volotò, interruppe il flusso e quando risollevò lo sguardo nello specchio non lo vide più. Per un attimo, uno soltanto, si sentì completamente persa, tanto che, divorate le distanze dalla porta, si affacciò per vedere nel corridoio, le spalle ampie del suo Capitano svanire.

- Vergil!

Sentiva i passi pesanti sulle grate di metallo che rimbombavano tra le pareti del corridoio della Monkey. Molly lo percepiva chiaramente, fino a che non ci fu silenzio e allora comprese che si era fermato, al suo richiamo. Però i passi non tornavano verso di lei, per cui fu costretta a muoverli lei, pesanti, stanchi. Lo trovò alla fine del corridoio, davanti alla porta della cabina che condividevano ormai costantemente, con tanto di scimmia infilata in chissà quale temibile anfratto pronta ai suoi soliti agguati e ai suoi piccoli scherzi, che però non la spaventava quanto faceva quell’espressione indurita.

- Scusa.
- Andiamo a dormire, domani mattina sarà tutto più chiaro.
- Non ho sonno.
- Certo che ne hai, ma hai paura di chiudere gli occhi e lasciarti andare. Come va con le nuove medicine?
- Meglio.
- Davvero?
- Sì, Haggerty ha fatto un buon lavoro.

Le labbra gli vibrarono appena, al sentire nominare il chimico. Lei, in un guizzo di ritrovata sicurezza, cancellò presto le distanze e tornò a cercare calore, protezione, come non ne aveva mai avuto davvero bisogno. Dormire non era davvero così semplice, aveva sonni agitati, spezzati da troppi pensieri che gravavano sul petto come residui e scorie che non riusciva a scaricare del tutto. Le lenzuola attorcigliate attorno le gambe smagrite, svuotate di tono ed energia da un consumarsi interiore lento, come la goccia che scava la pietra. La mattina arrivò troppo presto, accompagnata dall’indolenzimento e dall’ennesimo peso sul petto, e un bel po’ di male alla schiena e alle dita. I pugni non li ha mai saputi tirare davvero, eppure, quello che è riuscita a tirare a Jack sapeva di rabbia, e in parte di liberazione da un tipo di catene, per gettargliene altre, forse, ancora più pesanti.