Molly Cox se ne stava seduta sullo scafo della Monkey Wrench. Osservava il cielo, in un attimo dove le nuvole sembravano aprirsi e concedere uno spiraglio dalla pioggia battente che faceva nagivare gli uomini nel fango di una guerra apparentemente infinita, uno spettro che aleggiava sui mondi di Polaris da anni, ormai. Una bottiglia di rhum al proprio fianco, scadente e per nulla soddisfacente, di quelle che non ti danno nemmeno l'ebrezza ma direttamente un mal di testa colossale. Davanti agli occhi il pad, le notizie che scorrevano incessantemente, bollettini, ravvisaglie, scontri. Vergil era lontano, in ricognizione con altri soldati. Si era immaginata mille volte la guerra, le conseguenze. L'aveva odiata con ogni fibra del suo essere, perchè si era presa i suoi amici, la sua famiglia, il suo pianeta. Eppure non poteva fare a meno di averne rispetto, in un certo modo. Rispetto e timore, reverenziali, come si ha per la morte stessa.
- Ma io sono già morta una volta. Forse è questo il mio problema.
Sollevò il bicchiere e le prime gocce di pioggia presero a colare da un cielo divenuto nuovamente cupo e scuro. Non c'erano luci, si era ben vista dall'accendere qualsiasi lume, non stava nemmeno fumando, troppo in vista, troppo a rischio e le era stato chiesto di "Fare attenzione, sempre e comunque e di restare salva." Come si fa a restare salvi andando in guerra? Era una cosa che non riusciva a spiegarsi.
Non poteva fare a meno di pensare a Red. Nuovamente condannato a Fargate. Nuovamente rinchiuso lì dove non c'è ritorno. La fortuna gli aveva concesso un'opportunità, e gli era costata cara. Non poteva fare a meno di pensare a Hust, ad Eolen, alla sua famiglia su Saint Andrews, a quella donna intransigente e dura che aveva visto al matrimonio di Bolton una sola volta. Non poteva fare a meno di pensare a quel bimbetto biondo che sarebbe cresciuto senza un padre. Nel ricordo e nella rabbia, nella vendetta.
Bevve, un brindisi per lui: Red Wright. Lo stesso uomo per il quale scese all'inferno la prima volta, tra proiettili e fuoco, per recuperare la nave sequestrata. Lo stesso uomo che la sfruttò come scudo, per tirarli fuori dai guai, per permettere a Cecilia di liberarsi dal pit in cui era nascosta e dove nessuno l'avrebbe mai trovata, beccandosi proiettili e lasciando lei incolume. Ogni volta che fischiavano proiettili lei ne usciva indenne. L'unica volta che non fischiarono, per via dei silenziatori montati, lei venne spedita all'inferno per davvero.
La pioggia continuava a cadere e lei si chiese come avrebbe mai reagito Eir alla notizia. Come l'avrebbe presa Ritter, come si sarebbe comportata Jack. Adesso erano in guerra. Non puoi farti muovere dall'affetto, quando sei in guerra. Jack doveva fare quello che era giusto per l'intero Array, non solo per i tre che stavano chiusi in galera. Non solo per Red Wright. Eppure l'istinto era così, conservi la tua famiglia, il tuo giardino. E Molly Cox non poteva fare a meno di pensare che Jack Rooster stava perdendo i pezzi del suo giardino.
Chiuse gli occhi, sotto la pioggia. Il Pad vibrò, portando con sè una notizia che le faceva sbocciare il sorriso:
"Sto tornando alla base, da te."
Un brindisi per Vergil Neville, che ancora una volta tornava sano e salvo alla base. Ancora una volta, per quante volte ancora? Non poteva fare a meno di chiederselo, mentre tornava a guardare il cielo, completamente viola. In lontananza si sentivano le esplosioni, portate dal vento o forse semplicemente create ad arte dalla sua immaginazione. La spalla era annientata da una dose massiccia di antidolorifici. Trigger le aveva insegnato, assieme ad Edwards, come armare, puntare e colpire le navi nemiche, come uccidere la gente, lasciarla marcire e bruciare nelle lamiere, nello spazio senza aria, nel gelo tagliente del vuoto. Chiudendo gli occhi non poteva fare a meno di ricordare le parole di Wright, i suoi sottili - nemmeno tanto - tentativi di indurla sulla strada della guerriglia. A volte gli avrebbe voluto dare un pugno, a quel grugno Sainter. La guerra lascia sempre strascichi nel cuore di chi l'ha vissuta. Eppure lei continuava solo a pensare che, a causa della guerra, non sarebbe potuta andare a Fargate a trovare Red, come aveva già fatto in passato per Dragan, per Andre e anche per Wright stesso, senza successo.
Le venne in mente una vecchia canzone, che sentiva uscire stonata dalla bocca di Berta mentre lavorava alla nave. La domenica colava dalle porte della chiesa gremita di persone disperate e doloranti, durante la guerra. Le venne in mente come un fiume in piena, in cui le immagini del passato, dei propri cari, degli amici sparsi per il 'Verse e dei nemici, raccolti chissà dove si fondevano tra loro: la sorella lontana, il fratello irrecuperabile nella sua miseria di criminale, Kat, Huj, Clifford, Ritter, Baiko, Eir, Philip, Beth, Myar, Cristobal, Maya, Andre, Declan, Cole, Dean, Hogs, Huck, pure quella testa di cazzo di Edan, lo stronzo di Jesse White, Alec, Aileen, Thorvald, Electra, Rinoa, Scott, Howard, Wolf, l'ammiraglio di pietra, Muto, Trigger, Quinn, Zoya, Moloko, Mordecai. Ci pensa, ogni attimo, a fondo, respirando per non perdere mai la memoria di quelle facce, di quei nomi. Si sussegono costantemente come le gocce di pioggia, diventando talmente tanti da non riuscire a discernere i più i tratti dei vari volti sovrapposti che finiscono con il rievocarne uno, due: Red Wright, sua moglie, suo figlio; Jack Rooster.
The world is one great battlefield
With forces all arrayed.
If in my heart I do not yield,
I'll overcome some day.
E' una colpa avere pietà di chi soffre? Soffrire a propria volta per coloro che non conoscono pace? Non è per la redenzione, nemmeno per la vendetta. E' perchè è giusto essere lì questa volta. Si lascia colare nell'airlock aperto, con la testa che naviga nei ricordi, il cuore ancora caldo, ancora vivo abbastanza da provare pena e affetto per chi non lo merita. Si trascina alla branda, domani è un nuovo giorno: dovrà passare la linea che definisce lo spazio. Una linea che definisce lo spazio: ridicolo.